Page 88 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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                  combatte al Monticano. Finalmente, arrivarono anche al Piave, e noi li vedem-
                  mo coronare i colli della sponda, ahimè, non più nostra Il tempo che ci aveva
                  perseguitato di rabbiosi acquazzoni da Ravne a Orcenigo, si mise al bello sta-
                  bile non appena avremmo avuto bisogno che ingrossasse i fiumi e guastasse le
                  strade al nemico incalzante.
                     Eravamo giunti a Montebelluna in poco più di duemila uomini, milledue-
                  cento della Re e ottocentocinquanta della Forlì. L’indomani la forza era in
                  aumento, e in tre giorni i ritardatari e i dispersi che raggiungevano le bandiere,
                  la portarono a tremila fanti, il cui spirito era scosso ma, non annichilito. Ci
                  destinarono ad occupare quel saliente del Montello a cui successive battaglie
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                  dovevano dare una fausta celebrità negli annali del conflitto mondiale.   Ma
                  prima che dai lavori di scavo e di fortificazione passassimo a menar le mani,
                  fummo inviati in quel di Parma per riposarci e ricostituirci.
                     L’esercito, che io avevo veduto, nei giorni terribili, in preda alle convul-
                  sioni dell’agonia, sotto il peso della sconfitta e dell’infamia, l’esercito che era
                  parso irreparabilmente perduto, lo vidi a poco a poco risorgere, reintegrarsi di
                  numero e di forza morale; lo vidi più fiero e più risoluto di prima, anelare alla
                  rivincita, sopportare virilmente disagi e privazioni, resistere con tenacia, attac-
                  care con impeto; vidi i fanciulli del 99 rinsanguare di nuove stupende energie
                  le vene impoverite; vidi i capi ricredersi di molti errori, e di quello, più funesto
                  di tutti, che alla disciplina della convinzione e alla coscienza del dovere aveva
                  sostituito il ferreo giogo del terrore, i metodi dello sfruttamento e della bruta-
                  lità; vidi le bandiere d’Italia lavare nelle acque lustrali di quello stesso Piave
                  che avevo esecrato come la tomba del nostro onore, la macchia di Caporetto,
                  e le vidi finalmente, queste adorate bandiere, volare per guadi perigliosi di
                  fiumi, per impervie scalate di monti ad una vittoria più bella di ogni speranza.
                  E ciò che vidi ha cancellato dall’anima mia il rancore e il dolore.
                     Io piego dunque il ginocchio dinanzi all’esercito d’Italia, e gli chiedo per-
                  dono se ci fu un’ora in cui ho disperato di lui, ma chiedo nel tempo stesso la
                  malleveria di tutti quelli a cui toccò di vivere la lugubre odissea rievocata in
                  queste pagine, perché dicano quanto fosse difficile, allora, non disperare.


                               Valentino Coda, Dalla Bainsizza al Piave. All’indomani di Caporetto.
                     (Appunti di un ufficiale della II Armata) Milano, Casa editrice Sonzogno, [1919],
                                                                 pp. 5 – 9; 37 – 45; 144 – 146.






                  1   II Montello segnò il gravissimo scacco dell’offensiva austriaca di Giugno 1918, che influì
                     potentemente, se non forse decise l’esito della guerra.
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