Page 233 - Il Corpo di spedizione italiano in Cina 1900-1905 - Organizzazione, uniformi e distintivi
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Le uniformi, i distintivi, L’equipaggiamento e L’armamento 233
incaricati e così desumere le eventuali lacune dei rapporti e disporre pel loro
completamento entro il mese di marzo, prima della fine del qual mese nessuna
parte delle truppe che sono ora nel Pecilì avrà lasciato questa regione.
Per lo studio dell’organizzazione dei servizi di artiglieria, del Genio e della
Cavalleria i Sigg.ri Ufficiali incaricati saranno coordinati rispettivamente da
un ufficiale della batteria, della sezione Genio e da un ufficiale del Coman-
do”.
Le relazioni richieste non ci sono purtroppo pervenute ma quale fosse la si-
tuazione, perlomeno sotto l’aspetto del vestiario, ce lo dice Luigi Barzini in
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uno dei suoi famosi articoli scritti in veste di corrispondente del Corriere della
Sera: “Ma la nostra deficienza si rivela anche più profondamente. L’inverno
nel Ci-li è glaciale. La baia di Taku gela, i venti siberiani soffiano sopra Pechi-
no per quattro mesi all’anno, il termometro scende a venti, a venticinque, tal-
volta a trenta gradi sotto zero. Tutte le truppe internazionali erano state fornite
di indumenti adatti a sopportare il clima. I Giapponesi avevano dei magnifici
pastranoni di lana grigia dal bavero di pelo, sopra i quali mettono delle ampie
pellicce di capra. I Tedeschi li avevano imitati mettendo sui loro cappottoni ce-
nere delle grandi pellicce dal lungo pelo. i russi si erano ricoverati in quei loro
pesantissimi palamidoni color tabacco che, con il grande berretto di astrakan,
formano una caratteristica del cosacco, I Francesi sfoggiavano mantelloni,
cappotti, casacche, cappucci dalle forme più originali. Gli Inglesi non hanno
rinunziato al loro patriottico khaki, ma si riparano sotto a delle montagne di
pastrani khaki, di pellicce khaki, “khaki for ever”. Non parlo degli Americani
i cui indumenti sono dei capolavori di “comfort”. I nostri soldati hanno tenuto
fino a ieri la.......mantellina da bersagliere. Facevano pietà.
A Shang-hai si acquistarono delle piccole pellicce per foderare i loro cap-
potti, ma fino ad ieri, ripeto, i soldati, sempre forse per la mancanza di traspor-
ti, non hanno avuto né le une, né gli altri, e batterono i denti. Giorni sono, sotto
una tramontana indemoniata che aveva fatto scendere il termometro a ventun
grado sotto zero, ho veduto le sentinelle italiane nel quartiere est di Pechino
154 Luigi Barzini senior (Orvieto, 7 febbraio 1874 – Milano, 6 settembre 1947) giornali-
sta e scrittore italiano, era figlio di un sarto di Orvieto dal quale ereditò l’attività che
però fallì quasi subito. Giunto a Roma per seguire la propria vocazione di scrittore ini-
ziò la sua carriera nel 1898 come redattore di testate minori, il Capitan Fracassa e poi
Il Fanfulla e quindi, a seguito di un’ intervista esclusiva ottenuta dalla famosa cantan-
te lirica Adelina Patti, entrò nella redazione del Corriere della Sera nel 1899 assunto
da Luigi Albertini, all’epoca direttore amministrativo del quotidiano, come “redattore
viaggiante” ed inviato in Cina, dove scrisse una serie di articoli di notevole interesse,
nei quali descrisse le condizioni disagevoli che dovettero affrontare i nostri soldati.

