Page 234 - Il Corpo di spedizione italiano in Cina 1900-1905 - Organizzazione, uniformi e distintivi
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            in uno stato pietoso; con le mani nelle tasche dei calzoni, il fucile stretto sotto
            l’ascella, stavano lì tutte intirizzite, mezzo raggomitolate, offrendo ai Cinesi
            stessi, che passavano tutti coperti di abiti imbottiti e di pellicce, uno spettaco-
            lo non degno. Si era trovato il rimedio di ritirare le sentinelle da quasi tutti i
            punti dei nostri quartieri, abbandonando così quella sorveglianza che è nostro
            diritto e nostro dovere di esercitare, e abdicando in certo qual modo, agli occhi
            cinesi, alla sovranità della nostra occupazione. i soldati nostri hanno equipag-
            giamento ridicolo.
               Basti dire che gli ufficiali non avevano altri copricapi che l’elmetto di su-
            ghero e il berretto bianco, il “berretto coloniale!”. Gli ufficiali sono stati, è
            vero, preavvisati dell’utilità di portare tutto un grande corredo di roba inver-
            nale, ma tutta quanta, estiva e invernale, doveva concentrarsi in due cassettine
            e in un baule di cinquanta chilogrammi.
               Nella spedizione su Kalgan senza una larga distribuzione di pellicce “cine-
            si” di varie foggie e di non meno vari colori, tutte di seta e in parte ricamate,
            che davano a chi le portava l’aspetto di tante dame in “sortie de bai”, le nostre
            truppe non avrebbero certamente sopportato i freddi delle montagne. S’im-
            magini quanto quella strana uniforme, o meglio inuniforme, avrà giovato alla
            nostra dignità di fronte ai Tedeschi.
               Siamo male equipaggiati, ma almeno quello che abbiamo fosse ricambia-
            bile (...).
               Tientsin è in capo al mondo finché non sarà riattivata questa benedetta fer-
            rovia.
               Questa è la cosa più umiliante per noi, perché è la più visibile; è su questa
            che si basano i paragoni. Non dimentichiamo che qui non siamo soli, né in casa
            nostra. A casa è permesso pure di starsene in maniche di camicia, se così piace,
            ma sulla strada la cosa non sarebbe più decentemente possibile!
               Il soldato bello e il soldato brutto sono spesso giudicati dall’uniforme. Si
            esamina il vestito prima di ogni cosa. Un soldato sporco e stracciato è sempre
            un soldato brutto, a meno che non porti i suoi stracci sul campo di battaglia, e
            anche qui a condizione di essere vittorioso - chi è coperto di gloria è il più ben
            coperto di tutti quanti! Ma a Pechino, dove tutti hanno depositi e magazzini,
            noi facciamo una figura meschinissima, e non si sa proprio il perché.
               So che qualche cosa l’abbiamo domandata agli altri, anche agli Americani,
            che ne hanno a bizzeffe. Ma sono domande che feriscono la dignità di chi le
            fa. Noi ci siamo mostrati in questa piccola impresa di Cina come dei bambini
            incapaci a camminare da soli. Abbiamo domandato sempre la mano di qualcu-
            no. I più bersagliati dalle nostre richieste sono stati gli Inglesi, perché si sono
            sempre mostrati i più sinceri amici. Ma la loro è quell’amicizia piena di troppe
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