Page 224 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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222 IL GENERALE GIUSEPPE GARIBALDI
della redenzione e, deposti o cacciati i rappresentanti dell’autorità regia, isti-
tuirono straordinari reggimenti, affidando la cosa pubblica a patrioti del luo-
go, raccolsero bande armate, celebri, fra le altre, quella calabrese capeggiata
dal barone Stocco, che già aveva fatto il dover suo nell’impresa dei Mille, e
quella della Basilicata, sotto la guida del colonnello Boldoni: pittoresche mol-
titudini nei loro tradizionali costumi, armate di tromboni, di fucili da caccia,
di vecchie armi e di ogni sorta di improvvisati arnesi di guerra.
Dinanzi alla furia del popolo cedevano i piccoli presidi dispersi e quelli
che, per il numero, avrebbero potuto fare resistenza, si dissolvevano nella sfi-
ducia, quando addirittura non facevano causa comune con gli insorti, presi
essi pure dall’amore di patria, che andava folgorando ogni cuore. Si arrende-
vano i gendarmi di Potenza; la brigata Caldarelli - composta da un reggimen-
to di carabinieri, due squadroni di lancieri e una batteria - capitolava, dichia-
rando di ritirarsi verso Salerno coi soli bagagli; anche il generale Flores partiva
dalle Puglie, conducendo seco i pochi uomini che gli erano rimasti fedeli.
Infine, anche il Vial abbandonava la Calabria, lasciando al generale Ghio
di trarsi d’impaccio e di portare il salvo le truppe rimastegli.
Fra Monteleone (oggi Vibo Valentia), Mèlito e Pizzo erano ancora circa
10.000 borbonici, ormai senza alcuna coesione, soprattutto senza fiducia nei
capi, di cui avevano constatato la pochezza e dei quali temevano il tradimen-
to, timore che ispiravano l’ambigua condotta di molti ufficiali e specialmente
le tristi vicende del generale Briganti, culminate nella sua tragica morte.
Nel tormento di quei giorni si allentavano e si infrangevano i vincoli di-
sciplinari, i soli che tenessero insieme la debole compagine dell’esercito napo-
letano, giustificando quanto lasciò scritto il Pianell, allora ministro di Fran-
cesco II, che del vasto sfacelo dichiarò responsabili tutti coloro che, nell’eser-
cito, avevano tenuto alti comandi.
Quando il maggiore De Sauget, mandato da Napoli, giunse per mare a
Pizzo, con l’incarico di raccogliere notizie circa gli ultimi avvenimenti e di or-
dinare al Vial, in nome del ministro della guerra, di riunire gli elementi an-
cora fedeli per condurli alla capitale, con questo scopo già stava trattando il
Bettolini. Ma era logico che Garibaldi volesse impedire che tali truppe andas-
sero ad accrescere l’esercito che egli presumeva trovarsi di fronte prima di
giungere a Napoli, e perciò ordinò che tutte si concentrassero a Monteleone,
riservandosi di decidere circa la loro sorte.
Invece il generale Ghio, adunati i suoi uomini sul piano di Maida, confi-

