Page 225 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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DALLO STRETTO AL VOLTURNO 223
dava di poter sfuggire all’imposizione del Dittatore e di raggiungere Cosenza
per poi trasferirsi a Napoli. Già stava ponendo in esecuzione il suo disegno,
allorquando nei pressi di Soveria, fra Tiriolo e Cosenza, trovò la via sbarrata
dal barone Stocco ivi mandato da Garibaldi. E mentre i Calabresi mostrava-
no di voler fare buona difesa, se i Napoletani avessero voluto proseguire, per
ordine del Dittatore la brigata Eber da Bagnara marciava su Palmi, quelle Mi-
lano e Spinazzi su Tropea e, sulla via di Soveria, alle spalle del Ghio, giunge-
va tutta l’avanguardia del Cosenz.
I borbonici fecero un debole tentativo per rompere il cerchio che li chiu-
deva, ma poi subito si arresero, cedendo le armi, cavalli e munizioni. Il 30 di
agosto Garibaldi proclamava: «Trasmettete a Napoli e dovunque che ieri, coi
miei prodi Calabresi, feci abbassare le armi a 10.000 soldati del generale Ghio
e ho liberato la strada agli ultimi trionfi della causa italiana. Il trofeo della re-
sa fu di 12 cannoni da campo, 10.000 fucili, 300 cavalli e immenso materia-
le da guerra».
Così, sgominata l’ultima resistenza borbonica e chiuso il secondo periodo
della fortunata campagna, Garibaldi poteva tendere ogni suo pensiero alla
conquista di Napoli. Subito infatti, dopo Soveria, dette disposizioni affinchè
la piccola Armata movesse, per terra e per mare, verso la capitale nemica.
In questo frattempo il generale Vial giungeva a Napoli, ma senza aver con
sé neppure i resti dell’esercito della Calabria; solo portava la cassa di campa-
gna con 250.000 ducati.
Più tardi, a Gaeta, il Re volle sottoporre lo sfortunato comandante a un
Consiglio di guerra, insieme col Ruiz e col Melendez, ma poi li scagionò d’o-
gni colpa, attribuendo la responsabilità degli avvenimenti che gli avevano tol-
to il Regno riducendolo in una fortezza, ai ministri e alle truppe, che pure,
quando erano state guidate da uomini di onore, avevano dato eccellenti pro-
ve di fede e di valore.
Mentre dalla Calabria, ormai perduta per la causa del Re, i volontari ini-
ziavano la marcia verso il settentrione, a Napoli si viveva in quello stato di in-
quietudine e di incertezza, caratteristico dei tempi che precedono i grandi ca-
taclismi politici.
Già fino dalla metà di agosto, il governo, sempre più preoccupato dei pro-
gressi di Garibaldi e dell’estendersi della rivolta, e più ancora delle ripercus-
sioni che potevano, da un giorno all’altro, prodursi nella capitale, aveva pro-

