Page 230 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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228 IL GENERALE GIUSEPPE GARIBALDI
ler riconquistare il perduto, per ritornare in possesso degli Stati toltigli colla
violenza e contro quello che gli pareva il suo sacrosanto diritto; anche l’eser-
cito borbonico, se pur scemato dalle disfatte e dalle defezioni, se pur diminui-
to nella sua efficienza materiale e morale dalla profonda crisi in atto, si appre-
stava, fra Capua e Gaeta, alla difesa e certo pensava alla riscossa. A questo sco-
po il generale Ritucci andava schierando sul Volturno tre Divisioni di fante-
ria e due di cavalleria.
Assai grave, del pari, si faceva la situazione nel Napoletano e nella Sicilia,
dove gli uomini e le consorterie, danneggiati negli interessi privati e colletti-
vi dalla bufera garibaldina e dal nuovo ordine di cose, andavano appoggian-
dosi ai pochi partigiani di Re Francesco e ai mestatori, che sogliono uscir dal
buio in tali frangenti, qui costituendo centri di critici e di malcontenti, là sor-
de opposizioni, altrove addirittura covi di sediziosi e di ribelli.
Me se nelle città i tentativi di rivolta si poterono prontamente reprimere,
nelle campagne condussero a vere e proprie azioni di guerra, come ad Aria-
no, dove quel vescovo e i generali Flores e Bonanno suscitarono una sommos-
sa, che la Brigata Milano dovette domare con le armi e a Dentecane, dove fu-
rono le guardie nazionali a disperdere i rivoltosi.
Anche alle spalle dell’esercito piemontese, quando entrò nel Regno di Na-
poli, cominciarono i moti, gli agguati, poi perpetuati si in quella guerriglia
denominata «brigantaggio», che tenne per molto tempo le province meridio-
nali in fermento e costò non pochi sacrifici di sangue e di denaro al giovane
Stato italiano.
Come se ciò non bastasse, in così eccezionale momento, accanto alle ma-
nifestazioni reazionarie, anche nel campo dei patrioti si producevano dissen-
si e si manifestavano divergenze circa l’assetto futuro degli Stati liberati e cir-
ca le finalità mediate e immediate dell’azione garibaldina: così a parecchi che,
nella fiammata dei Mille non avevano veduto la bella avventura tendente a
raccogliere gli Italiani tutti sotto un solo vessillo, ma un conato delle libere
forze del popolo contro i governi costituiti, tornava ingrato il lealismo mo-
narchico di Garibaldi, mentre i mazziniani, tanto a Napoli, quanto a Paler-
mo, vantavano le loro tendenze repubblicane e discorrevano di separatismo,
a tal punto accecati dalle loro ideologie libertarie, da non comprendere che
non valeva cacciare i Borboni per avere sempre un’Italia divisa.
Anche il conte di Cavour e la politica del Piemonte amareggiavano i gior-
ni del condottiero.

