Page 232 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   di cavalleria e una batteria da campo e lo incaricò di eseguire ricognizioni of-
                   fensive sul Volturno e incursioni sui fianchi del nemico, per accertarne la dis-
                   locazione, scoprirne le intenzioni e scuoterne il morale.
                      Quindi, sotto la minaccia di torbidi scoppiati a Palermo, partì alla volta di
                   quella città col prodittatore Antonio Mordini, per portare a quegli accesi pa-
                   trioti la sua convincente parola di semplice saggezza e vincere col fascino della
                   sua persona chi, senza di lui, avrebbe forse dovuto essere piegato colle armi.
                      Come si è accennato, provvide disposizioni avevano ottenuto che il nerbo
                   dei volontari seguisse il rapido movimento del condottiero; si deve tuttavia
                   tener presente come, fino al 20 settembre, la piccola armata dovesse logica-
                   mente considerarsi in piena crisi, non solo perché molti dei suoi elementi era-
                   no lontani, alcuni per le necessità dell’ordine pubblico così spesso turbato,
                   ma perché, nell’evenienza di una vera battaglia contro considerevoli forze, era
                   indispensabile procedere al riordinamento delle unità che la costituivano, in-
                   quadrando opportunamente i nuovi contingenti, raccolti durante la marcia
                   dalla Calabria alla Campania.
                      Per certo, anche nel campo borbonico si dovevano sentire le stesse esigen-
                   ze, che là pure occorreva riunire e riordinare le membra dell’esercito così pro-
                   vato in quegli ultimi mesi, ma si trattava pur sempre di truppe regolari, bene
                   addestrate ed armate, per cui le deficienze e le lacune erano di gran lunga in-
                   feriori a quelle lamentate tra i garibaldini.
                      Molto, quindi, e forse moltissimo, avrebbero ottenuto i borbonici se, ap-
                   profittando del momento per essi particolarmente propizio, non avessero at-
                   teso dietro il Volturno, ma subito e risolutamente fossero passati alla controf-
                   fensiva. Invece si limitarono a rimanere sulla difesa attorno alla fortezza di
                   Capua, chè gli stessi combattimenti avvenuti fra il 14 e il 19 settembre furo-
                   no soltanto parziali atti di reazione per rintuzzare le puntate del nemico e ri-
                   stabilire la situazione dove pareva modificarsi a suo vantaggio.
                      Così durante il mese di settembre, i due avversari, saggiandosi con ripetu-
                   ti colpi e qua e là scaramucciando, vennero a poco a poco ad arrestarsi sulle
                   posizioni su cui fu combattuta la battaglia del Volturno. Ora se tali combat-
                   timenti ebbero scarsa influenza sulla giornata campale non furono tuttavia
                   sterili di effetti. Anzitutto dettero modo a Garibaldi e ai suoi sottoposti di far-
                   si una chiara idea del terreno sul quale doveva avvenire il cozzo decisivo; in
                   secondo luogo, provocando nei borbonici l’errata convinzione che i garibal-
                   dini fossero già in piena efficienza, li indussero a procrastinare l’offensiva, del-
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