Page 231 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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impag. Libro garib CISM  19-02-2008  13:12  Pagina 229








                                             DALLO STRETTO AL VOLTURNO                    229




                         Dopo l’occupazione di Napoli, il grande ministro mandava ad effetto il
                      meditato intervento militare (l’11 settembre 1860, dopo uno scambio di vi-
                      vaci note fra Torino e Roma, l’Armata del generale Fanti - IV e V Corpo e
                      13a Divisione - aveva passato il confine, iniziando la marcia attraverso gli Sta-
                      ti Pontifici) non soltanto per consolidare i risultati delle gesta dei volontari,
                      ma ancora per evitare che la stessa rivoluzione annullasse i conseguiti vantag-
                      gi, proseguendo su Roma e dilagando in altre intempestive imprese. Che, nel
                      suo eroico entusiasmo e nella generosa impulsività del suo animo grande, Ga-
                      ribaldi, pur nelle preoccupazioni del Dittatorato, continuava a fissare lo
                      sguardo verso la città eterna, spesso dicendo ai suoi che, se il governo piemon-
                      tese avesse tardato a togliere il potere temporale al Pontefice, «nessuno lo
                      avrebbe potuto trattenere dallo sciogliere la questione con la sciabola alla ma-
                      no».
                         Di più - e già lo dicemmo - l’assenza della monarchia sabauda in tante vi-
                      cende avrebbe seriamente nuociuto al suo prestigio. E, se nessuno poteva one-
                      stamente dubitare della lealtà di Garibaldi, occorreva, tuttavia, compiere al
                      più presto la fusione delle forze regolari con quelle volontarie, affinchè la fe-
                      deltà del condottiero non fosse, per avventura, insidiata dai seguaci più acce-
                      si o, comunque, non finisse col venir soverchiata.
                         Tanto imparziale quanto acuto, il Guerzoni osserva che la spedizione nel-
                      le Marche e nell’Umbria «può dirsi, dopo la guerra di Crimea, la più ispirata
                      e fatidica azione del grande uomo di Stato. Con quel passo, egli salvò al tem-
                      po stesso, la monarchia e l’Italia; frenò il corso precipitoso della rivoluzione
                      per riaddurla poscia più sicuramente alla mèta».
                         Con tutto ciò, l’azione del Cavour e, soprattutto quel suo mal celato in-
                      tendimento di ottenere che la monarchia non dovesse troppo ai volontari,
                      l’ingiustificata sfiducia di alcuni uomini politici e il rammarico di non pote-
                      re oltre proseguire nella sua corsa liberatrice, angustiavano il generale e ne
                      oscuravano la nobile fronte.
                         Ma, dinanzi agli impellenti bisogni e alle sempre nuove complicazioni po-
                      litiche e militari che apparivano all’orizzonte, Garibaldi non stette inattivo.
                         Mentre, come vedemmo, reprimeva duramente i moti reazionari, dava or-
                      dini per accingersi all’ultimo urto con le truppe borboniche, che tutto faceva
                      ritenere assai prossimo.
                         Disposizioni furono date pertanto al generale Türr, affinchè i volontari
                      fossero organizzati in 20 battaglioni di fanteria, 3 di bersaglieri, 2 squadroni
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