Page 227 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
P. 227

impag. Libro garib CISM  19-02-2008  13:12  Pagina 225








                                             DALLO STRETTO AL VOLTURNO                    225




                      minazione, passando dall’uno all’altro pensiero senza risolversi mai. Né l’ul-
                      timo Re delle Due Sicilie era uomo da seguire il consiglio ripetutamente da-
                      togli dal ministro di Francia e dal generale Pianell: uscire dalla capitale, met-
                      tersi alla testa dell’esercito, di quelle truppe che ancora gli erano devote, per
                      affrontare personalmente il nemico, cimentarsi colla sorte e finire, come si
                      conviene a un sovrano, sul campo di battaglia.
                         Già qualche mese innanzi, Francesco II aveva respinto il saggio suggeri-
                      mento dello zio, il conte di Siracusa, che lo esortava a riconquistare l’animo
                      del popolo con le riforme, imperiosamente volute dai tempi, e, perfino, a
                      sciogliere i sudditi da ogni vincolo di obbedienza, perchè eleggessero libera-
                      mente la loro via e il loro destino. E il 20 di agosto il ministro degli interni
                      Liborio Romano, senza ambagi e senza reticenze, espose al sovrano, con una
                      lunga lettera, la situazione creatasi per cause remote e vicine, affermando che,
                      se la rivolta non si era scatenata ancora per le vie di Napoli, ciò era soltanto
                      per la presenza del Re e per l’incertezza in cui tutti vivevano fra la speranza e
                      il timore.
                         Ammoniva il ministro che i fatti incalzavano e gravissima era la situazio-
                      ne «... noi ci troviamo a fronte dell’Italia che si è gettata nella via della rivo-
                      luzione con lo stendardo di Savoia in pugno: vale a dire appoggiata, di nome
                      e di braccio, da un governo assai bene ordinato e rappresentato dalla più anti-
                      ca dinastia italiana». E come opporsi? con la marina «piena di dissoluzione?»,
                      coll’esercito «che ogni legame di disciplina e di gerarchia ha infranto?».
                         Una vittoria ottenuta spargendo il sangue dei fratelli, d’altro canto, avreb-
                      be suscitato la generale indignazione e alienato per sempre l’animo di tutti i
                      sudditi. Era necessario che il sovrano si allontanasse, nominando un governo
                      provvisorio e, invocato il giudizio dell’Europa, attendesse «dal tempo e dalla
                      giustizia di Dio il ritorno della fiducia e il trionfo dei suoi diritti legittimi».
                         Sulle fine di agosto, fra Eboli, Salerno e Avellino, erano raccolti circa
                      40.000 uomini, per la maggior parte stranieri, decisi a quanto pareva ad op-
                      porsi, in ogni modo, alla avanzata dei garibaldini e parve, per un istante, che
                      Francesco II, recatosi in quei giorni fra le truppe, decidesse di entrare in cam-
                      pagna alla loro testa. Ma, a fugare ogni speranza, fulminea si propagò la no-
                      tizia che Avellino era insorta e che il grosso di Garibaldi, congiuntosi colla Di-
                      visione Türr sbarcata a Sapri il 2 di settembre, muoveva innanzi fra le accla-
                      mazioni del popolo.
                         Del resto, a dissuadere il Re dai forti propositi, le milizie borboniche con-
   222   223   224   225   226   227   228   229   230   231   232