Page 240 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                      Nelle brume dell’alba del 1° ottobre, secondo gli ordini e il prestabilito di-
                   segno, i borbonici, usciti da Capua e formate le colonne di attacco, mossero
                   verso S. Angelo e S. Maria, rapidamente gettandosi sugli avamposti garibal-
                   dini. La battaglia non si accese lentamente come allora accadeva, con parzia-
                   li prese di contatto, con piccole zuffe di pattugliatori, ma si scatenò, come va-
                   sta bufera, dal Tifata a S. Maria. E il numero dei nemici e il violentissimo fuo-
                   co fecero ben comprendere che i regi non facevano le solite avvisaglie, ma vo-
                   levano venire a giornata campale.
                      Davanti a S. Angelo, più prossimo a Capua, si pronunziò il primo urto.
                      La 1 Brigata della Divisione Afan de Rivera, marciando compatta all’at-
                          a
                   tacco, venne a dar di cozzo contro i deboli elementi di protezione del Medi-
                   ci e li respinse sulle gran guardie, ma gli assalitori non si erano ancora avve-
                   duti del facile successo, che la reazione dei volontari li colse in pieno con un
                   deciso contrattacco, li arrestò, li respinse, li costrinse a cercar sostegno nella
                   2a brigata che seguiva a rincalzo. Allora la superiorità del numero ebbe ragio-
                   ne per un istante dell’audacia e i borbonici poterono riprendere l’avanzata
                   giungendo fino alle prime case del paese.
                      Ma qui stava il Medici, prode e avveduto, con circa 4500 uomini. Con-
                   scio dell’importanza della posizione affidatagli e bene intuendo il proposito
                   dei regi di conquistare S. Angelo per prendere alle spalle i difensori di S. Ma-
                   ria, con tutta la Brigata Spangaro e coi pochi pezzi di cui disponeva, dispera-
                   tamente si oppose alla furia dei borbonici e, col consueto indomito valore,
                   qui col fuoco, là rabbiosamente contrattaccando a ferro freddo, resistendo sul
                   posto o gettandosi alla riconquista del perduto, convinse presto il nemico che
                   non avrebbe ceduto di un passo.
                      Ma non solo il bravo Medici si era accorto del pericolo e lo fronteggiava
                   con energia. Lo stesso Garibaldi, che in quell’ora si trovava a S. Maria - dove
                   pure stava iniziandosi l’azione - ascoltando il sempre più alto fragore che ve-
                   niva dalle falde del Tifata, subito si preoccupò della possibilità che il nemico
                   riuscisse a incunearsi fra il Medici e il Milbitz, rompendo lo schieramento in
                   due tronconi e tosto provvide da par suo: ordinò che la Brigata Assanti della
                   riserva muovesse immediatamente su Caserta, per rafforzare il punto di giun-
                   zione tra i due settori dell’ala sinistra, ammonì il generale Milbitz «uno dei
                   suoi vecchi commilitoni di Roma» della necessità di tener fermo a S. Maria e
                   al Medici portò il soccorso più efficace, perchè più desiderato, quello della
                   sua presenza.
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