Page 242 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                      Inoltre, già balenava al suo intuito guerriero che da quella zona doveva
                   partire l’azione risolutiva che avrebbe chiuso in suo favore la giornata. Tant’è
                   che, non appena fu ristabilita la situazione nel settore di destra, e prima an-
                   cora di partire per S. Maria, mandò a ordinare al generale Türr di portarsi con
                   tutte le sue truppe verso quella località.
                      L’ordine ebbe immediata esecuzione. Valendosi di materiali ferroviari gia-
                   centi sulla linea, fu subito avviata la Brigata Milano; a questa seguì la Briga-
                   ta Eber e, con gli ultimi, lasciarono Caserta anche il Türr e il Sirtori.
                      In breve tutti i garibaldini della riserva evacuarono la città, in cui rimase-
                   ro soltanto gli abitanti che il fragore del combattimento sempre più prossimo
                   teneva rinchiusi nelle case.
                      Intanto Garibaldi, nel bel mezzo della piazza di S. Maria, incurante dei
                   proiettili che gli crepitavano attorno, impazientemente attendeva l’arrivo del-
                   le truppe richieste, poiché sempre critica permaneva la situazione dell’ala si-
                   nistra. Già il generale Milbitz, ferito, aveva dovuto lasciare il comando e in-
                   torno a S. Maria, i battaglioni di Corrao, La Porta, Pace, la Brigata Assanti,
                   le truppe di Palizzolo, di Laugè, di Sprovieri, di Malenchini, di Fardella, so-
                   stenuti da pochi pezzi del valoroso maggiore Angherà, serviti da soldati pie-
                   montesi, si prodigavano senza arretrare di un passo davanti al furioso accani-
                   mento dei borbonici. E anche la compagnia francese, che conservava il nome
                   del de Flotte, il fedele soldato caduto in Calabria, barricata in un cascinale,
                   resisteva alle reiterate percosse del nemico.
                      Arrestati e contenuti erano i progressi dei regi, ma non conveniva oltre
                   subire passivamente i loro disperati tentativi di rompere. Dopo tanto combat-
                   tere, l’equilibrio fra le due forze contrastanti stava per rifarsi e se le truppe che
                   andavano affluendo potevano, per certo, assicurare l’ulteriore resistenza, oc-
                   correva sfruttare l’incipiente delusione dell’avversario, che cominciava ad av-
                   vedersi dell’inanità dei suoi tenaci sforzi, muovere alla riscossa, contrattaccar-
                   lo in direzione di Capua, rigettarlo nella città munita da cui era uscito bal-
                   danzosamente cercando una vittoria.
                      Le possibilità dell’ora furono chiaramente vedute dal condottiero e men-
                   tre, colla prudenza che gli era solita, anche nei momenti in cui la temerità sol-
                   tanto pareva guidarlo, ordinava che elementi della Brigata Eber fossero im-
                   piegati per rafforzare i tratti che parevano più minacciati o pericolanti, deci-
                   deva di uscire egli stesso da S. Maria colla Brigata Milano.
                      Allora, a cavaliere della ferrovia e della strada consolare, proruppe il con-
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