Page 241 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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impag. Libro garib CISM  19-02-2008  13:12  Pagina 239








                                             DALLO STRETTO AL VOLTURNO                    239




                         Con alcune guide, accompagnato da Missori, Basso e Arrivabene, si dires-
                      se verso S. Angelo. Erano, racconta il Guerzoni, circa le 6 del mattino - e la
                      battaglia divampava ormai su tutto il fronte, chè, a quell’ora stessa, l’avan-
                      guardia dei Bavaresi di von Mechel urtava contro gli avamposti di Bixio e il
                      Perrone passava il Volturno a Limatola - allorché la carrozza del Dittatore, po-
                      co lontano da S. Angelo, fu investita da una raffica di fucilate e poi assalita
                      da molti nemici sbucati all’improvviso da strade coperte. Ma Garibaldi fu
                      prontamente difeso dai Genovesi di Mosto e dai Lombardi di Simonetta, e
                      potè continuare il cammino interrotto. Senonchè, giungendo a S. Angelo,
                      proprio quando i cacciatori borbonici stavano penetrando nell’abitato e cer-
                      cavano, nascostamente, di girare attorno al paese, poco mancò ch’egli nuova-
                      mente cadesse nelle mani dell’avversario. Allora il generale fu soltanto un sol-
                      dato impavido. Caricando alla testa della scorta e di altri volontari accorsi, si
                      fece strada, a baionetta calata, fra i nugoli di nemici e potè finalmente rag-
                      giungere il Medici che, dall’altura di S. Iorio, dirigeva il combattimento. E di
                      là il condottiero che, al momento opportuno, sapeva compiere i gesti eroici
                      che infiammano i combattenti e li conducono a morire sorridenti, raccolti in-
                      torno a sè alcuni battaglioni, coll’appoggio di due pezzi, li portò sul nemico,
                      dando il segnale del generale contrattacco. In tal modo i borbonici dovettero
                      interrompere l’avanzata e rinunciare al tentativo di aggiramento.
                         Dinanzi a Capua, lungo la riva sinistra del Volturno, su tutti i monti Ti-
                      fatini, si combatteva oramai gagliardamente, tra nembi di fumo e di polvere,
                      in cui a tratti balenavano armi splendenti.
                         II valore si mostrava alla luce del sole con gesti eroici e più dolce sembra-
                      va il morire. La scarsa potenza delle armi da fuoco ancora consentiva ai bat-
                      taglioni quadrati di marciare compatti contro il nemico, preceduti dai capi
                      colle spade levate, a vessilli spiegati, a tamburo battente. La guerra non era
                      ancora dominata dalle grosse macchine brutali che uccidono da lontano e
                      l’uomo non scavava, nel fango e nel sangue, il cunicolo che può essere la sua
                      salvezza, ma spesso è la sua tomba.
                         Nel rombo incessante dei fucili e dei cannoni, galoppavano i cavalieri in
                      cariche ardite, il grido d’assalto prorompeva su per le balze contese e l’onda del-
                      la camicie rosse fiammeggiava contro le tuniche grigie e azzurre dei borbonici.
                         Assicurata o, quanto meno, consolidata la difesa di S. Angelo, urgeva far
                      sicura S. Maria, l’altro caposaldo della linea di resistenza, e di questo preciso
                      bisogno bene si rendeva conto Garibaldi.
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