Page 330 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   ni 800 morti, 1.000 feriti e 2.100 prigionieri.

                      Poteva Garibaldi continuare la lotta dopo Mentana?
                      Se si fosse pensato in tempo a tale eventualità, se si fosse prevista la scon-
                   fitta, e se ne avessero avuti i mezzi, si sarebbe potuto gettare un ponte sul Te-
                   vere presso la stazione di Monterotondo, o quanto meno riunire il materiale
                   galleggiante per traghettare il fiume, e invece di rientrare nel Regno da Passo
                   Corese, passare sulla destra del Tevere, riunirsi ad Acerbi ritentare sulla destra
                   del fiume disperatamente la prova che era fallita sulla sinistra... ma a che prò?
                   La Francia era ormai impegnata e presente con un Corpo d’armata di oltre
                   20.000 uomini facilmente e presto rinforzabile; poteva sperarsi ulteriore vit-
                   toria contro le forze riunite dei franco-pontifici? Sarebbe stata una follia cre-
                   derla possibile. Garibaldi lo comprese, si rassegnò al destino contrario e do-
                   lorante attese per vendicare a Digione, italianamente, la sconfitta di Menta-
                   na. Se non il suo cadavere, egli aveva messo Mentana fra l’Italia, il Papato e
                   la Francia.
                      Il gen. de Failly, che non si era mosso da Roma, interrogato dal colonnel-
                   lo Campo sul combattimento, rispondeva.
                      «Il faut avouer que les troupes pontificales se sont battues à merveille, mais
                   elles n’auraient pu se maintenir à Mentana... si notre arrivée n’avait pas deci-
                   dée la déroute des garibaldiens sur toute la ligne!... il nous a fallu leur faire
                   goûter les effets du chassepot qui sont vraiment formidables...» ma non ba-
                   starono, meno di tre anni dopo, ad evitare il disastro di cui il de Faille stesso
                   fu, non vittima gloriosa, bensì non ultimo responsabile.

                      Il 4 novembre poco dopo le ore 9 (alle ore 7 e mezza secondo Vitali), Ga-
                   ribaldi ripassava il confine a Passo Corese con i pochi volontari superstiti ri-
                   masti con lui. Da Corese lo stesso giorno del 4, prosegue in ferrovia, fino a
                   Figline, dove verso le 17 per ordine del Governo viene arrestato dal tenente
                   colonnello Camosso dei Reali Carabinieri e scortato a Firenze da due compa-
                   gnie bersaglieri comandante dal maggiore Fiastri. Giunge alla stazione di S.
                   Croce all’alba del giorno 5 e viene fatto proseguire per La Spezia, dove è nuo-
                   vamente rinchiuso nel forte del Varignano. Il 26 novembre è ricondotto a Ca-
                   prera. Le altre colonne garibaldine, lontane dal corpo principale, man mano
                   ripassarono il confine in diversi punti, consegnando le armi alle forze regola-
                   ri italiane.
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