Page 354 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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                   percuote favorevolmente sul rendimento operativo dei singoli e che rende
                   possibile l’esercizio delle più felici iniziative ed il conseguente superamento
                   delle più difficili situazioni. Ma quello che più sorprende in Garibaldi è quel-
                   la sicura facoltà di proporzionare i mezzi allo scopo, che, spesso, in apparen-
                   za possono sembrare in difetto, ma che in realtà non lo sono. Nella storia del-
                   l’arte della guerra pochi condottieri hanno saputo tanto razionalmente appli-
                   care il principio della economia delle forze quanto Garibaldi e con tanta par-
                   simonia e vigile prudenza: egli è il condottiero del minimo mezzo e siffatto
                   risultato può conseguire perché a base della sua azione di comando pone sem-
                   pre il fattore morale. Pochi audaci e di cuore saldo, attivi e decisi a fortemen-
                   te volere, pronti allo sbaraglio e se occorre al sacrificio, hanno sempre ragio-
                   ne dei molti non animati da quella divina fiamma della passione per un’idea,
                   anche se lottano per spirito di dovere. Questo è il principio fondamentale che
                   informa l’azione di comando di Giuseppe Garibaldi. La manovra di Digione
                   ne riassume chiaramente le peculiari caratteristiche.
                      Nella situazione particolare nella quale il generale si trovava, nel momen-
                   to in cui con le sue magre forze giungeva ad Autun, qualunque altro coman-
                   dante si sarebbe adagiato in una prudente attesa, almeno per il tempo neces-
                   sario a completare l’organizzazione dei propri mezzi.
                      Troppo sfavorevole a lui era, invero, il rapporto delle forze contrapposte
                   per quantità e per qualità.
                      Il Werder disponeva della Divisione badese su tre Brigate di fanteria, di 1
                   Brigata di fanteria prussiana e di 2 Brigate di cavalleria; 23 battaglioni, 20
                   squadroni, 72 pezzi. Di queste truppe, pur detrando 10 battaglioni, 8 squa-
                   droni e 16 pezzi dislocati tra Vesoul e Lure a troppa distanza, cioè, per inter-
                   venire tempestivamente in un’azione contro l’Armata dei Vosgi, gli restava
                   sempre una massa formidabile per fronteggiare Garibaldi e se si aggiunge la
                   4 Divisione di riserva in marcia per raggiungerlo - 15 battaglioni, 8 squadro-
                    a
                   ni, 36 pezzi - e già a Vesoul il 18 novembre, si comprende facilmente quale
                   fosse la superiorità del Werder sull’avversario.
                      I 6000 garibaldini, dei quali 3000 circa in efficienza, appoggiati da una so-
                   la batteria da montagna, erano ben poca cosa di fronte alle forze del Werder.
                   Eppure Garibaldi non esitò a concepire ed a tradurre in atto il suo disegno
                   offensivo.
                      Sebbene gli elementi più solidi raccolti nelle Brigate - franchi tiratori e vo-
                   lontari italiani - fossero stati dislocati in prima linea a sbarramento di tutti i
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