Page 366 - Il Generale Giuseppe GARIBALDI
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do, ed appoggiando quindi la destra ai Vosgi, minacciare le comunicazioni
nemiche. La preventiva occupazione di Digione e la marcia verso il nord sa-
rebbero perciò state escluse e sostituite da un movimento obliquo a nord-est
per circa 100 chilometri, che prevedeva durante il compimento di esso lo
sblocco di Belfort: idea ben diversa da quella del disegno del Freycinet e ben
diversa da quella di Garibaldi.
Comunque, presi gli accordi con il Bourbaki, si passò all’esecuzione, spo-
stando il luogo di sbarco da Beaune a Chagny e Chalon, poiché il primo, in se-
guito al combattimento di Nuits, era scoperto ed esposto alle offese del Werder.
Ma chi eserciterebbe il comando in capo di tutte queste forze operanti nel
medesimo teatro e miranti ad un unico obiettivo?
La questione, che poi era la principale per il buon successo dell’operazio-
ne, per se stessa arrischiata e non ben chiaramente precisata nei suoi sviluppi
e nella sua condotta, non fu risolta e non poteva essere risolta.
Scartata l’idea di affidare a Garibaldi il comando in capo delle operazioni,
si venne ad un compromesso basato, s’intende, sull’equivoco; equivoco ma-
neggiato assai bene e con disinvoltura dal de Serres deus ex machina del Frey-
cinet e, cioè: che i due Corpi d’armata sarebbero posti al comando del Bour-
baki; Garibaldi avrebbe conservato la propria indipendenza, ma sarebbe sta-
to pregato di aderire alle proposte di Bourbaki a titolo di cooperazione. Per
la Divisione del Crémer e per le altre truppe di Besançon e di Lione nulla si
fissò di preciso: in un primo momento restarono indipendenti: poi, il Crémer
passò agli ordini del Bourbaki, gli altri del Bressolles. Con un’unità di coman-
do così congegnata, non vi era da sperare gran che di buono e, se si aggiun-
ga l’ingerenza invadente del Freycinet e quella del suo alter ego de Serres, non
sempre in armonia con il suo capo, nonché le irose picche dell’ombroso Bor-
done, si comprenderà agevolmente come potesse navigare la già male attrez-
zata barca tra le procelle di una situazione per se stessa critica e piena di alee.
In siffatta ridda di meschine competizioni personali, di frivole suscettibi-
lità di orgoglio professionale o nazionale, che tanto contrastavano con la gra-
vita del momento in cui si decidevano le sorti già troppo compromesse della
Francia, è bene rilevare come desse esempio di generoso altruismo Giuseppe
Garibaldi. Il cavaliere dell’Idea, ripetutamente dichiarava di essere pronto a
servire in sottordine a qualsiasi capo pur di assicurare l’unità di comando!
Ma altre circostanze facevano dubitare del buon successo dell’operazione:
le insufficienti misure precauzionali adottate per conservare il segreto delle