Page 358 - Il Regio Esercito e i suoi archivi - Una storia di tutela e salvaguardia della memoria contemporanea
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direttive generali e uniformi, aggravata dalle vicende politiche postunitarie e dai
continui trasferimenti di sede dei corpi attivi e territoriali, comportò la perdita di
nuclei documentari importanti per la storia militare e per quella del Paese. Oltre-
tutto molte carte venivano trattenute dai comandanti di grandi unità che le giudi-
cavano alla stregua di ricordi «personali» o di loro esclusiva proprietà, conside-
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randole, quindi, come appartenenti alla persona e non alla carica .
Queste lacune furono pertanto una delle cause principali per le quali l’Ufficio
militare e, poi, l’Ufficio storico, incontrò alcune difficoltà nel redigere relazioni
documentate delle vicende belliche nazionali. E neanche le ricerche in altre isti-
tuzioni archivistiche, le cessioni volontarie di incartamenti da parte di alcune
famiglie e le abbondanti pubblicazioni, italiane e straniere, «valsero a poco a
poco a fornire quei mezzi che difettavano, ed a mettere nello stesso tempo l’Uf-
ficio [militare] nelle condizioni di poter sostituire alle storie semplicemente
narrative e aneddotiche che si compilavano in passato, vere e proprie raccolte di
documenti e di testimonianze di indiscutibile valore» .
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Riprendiamo la nostra storia dell’Ufficio militare dal gennaio 1861 quando,
con la riorganizzazione del Real corpo di Stato maggiore dell’Armata sarda,
diventava un’articolazione dell’Ufficio superiore del Corpo e veniva strutturato
in due sezioni, Militare e Archivio e biblioteca.
Nel marzo 1867 il Corpo di Stato maggiore veniva riordinato, e l’organizza-
campagna del 1859. In altri casi, però, il carteggio, in origine tenuto con attenzione, era
stato poi trascurato e, come nel caso del Gran comando di Napoli, riordinato in due cate-
gorie, «lettere spedite» e «lettere ricevute», «guastando così con pessimo sistema l’ordine
e la successione logica e cronologica delle diverse pratiche». Cfr. L’Archivio e la Sezione
storica…cit., p. 8.
16 Orientamento che si ritrova in molte personalità che ricoprivano (o avevano ricoperto) im-
portanti ruoli nelle istituzioni, come manifestato dai loro archivi, caratterizzati dalla com-
presenza di elementi (leggi «documenti») pubblici e privati. E come testimoniato dalla
stessa legislazione archivistica che, fin dal primo regolamento del 1875, approvato con il
regio decreto n. 2552, dettò norme precise sulla rivendicazione dei documenti statali de-
tenuti da privati o, comunque, conservati fuori dalla loro sede naturale, citando come ca-
si esemplari quelli di «magistrati o funzionari pubblici, o (…) persone che abbiano avuto
pubblici incarichi, massime diplomatici o ministeriali». Sull’istituto della rivendicazione
delle carte dello Stato, connesso al principio della loro demanialità, e sulla sua presenza
nella normativa archivistica italiana cfr. e. lodolini, Organizzazione e legislazione archi-
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vistica italiana, Bologna, Pàtron Editore, 1989 , pp. 287-306; id., Legislazione sugli ar-
chivi. Storia, normativa, prassi, organizzazione dell’Amministrazione archivistica, I, Dall’
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Unità d’Italia al 1997, Bologna, Pàtron Editore, 2004 , pp. 305-323 e II, Dal 1° gennaio
1998 al 1° agosto 2004, con appendice di testi normativi del 2004, Bologna, Pàtron Edi-
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tore, 2005 , pp. 195-198.
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Così scrive Cesare Cesari in L’Archivio e la Sezione storica…cit., pp. 4-5.

