Page 362 - Il Regio Esercito e i suoi archivi - Una storia di tutela e salvaguardia della memoria contemporanea
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            società di storia patria, accademie scientifiche e letterarie, «le quali considera[va]
            no come patrimonio proprio quello degli archivi locali». Viste le «proporzioni
            colossali» che avrebbe assunto il nuovo istituto, bisognava calcolare le difficoltà
            d’indole finanziaria determinate dalle spese per il suo impianto, la sua custodia
            e per l’ordinamento delle carte. E, ancora, l’opportunità di acquisire parte degli
            archivi della Marina e, nello specifico, il considerevole carteggio sparso nelle
            sedi di Cagliari, Genova, Napoli e Venezia.
               Infine, sottolineava una circostanza in cui emergeva, così ci pare di leggere
            tra le righe, una qualche consapevolezza dell’esistenza di quel reticolo di relazio-
            ni che caratterizzava gli archivi e che impediva di attuare scorpori «chirurgici».
            Infatti, Barone ricordava che, «salvo pel carteggio amministrativo del Ministero
            della  guerra  dal  ’70  ad  oggi»,  per  tutti  gli  altri  nuclei  documentari  risultava
            impossibile «separare la parte matricolare ed amministrativa, da quella organica,
            storica e diplomatica, perché tutte sono strettamente collegate e spesso comprese
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            e frammiste nella stessa cartella, filza o mazzo» .
               Dal 1903 e fino alla Prima guerra mondiale, l’Ufficio storico, che rimaneva
            sempre incardinato nel Reparto operazioni del Comando del Corpo di Stato mag-
            giore, non subiva significative variazioni strutturali e funzionali .
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               Con l’ordine del giorno n. 41 dell’ottobre 1914, il gen. Luigi Cadorna, capo
            di Stato maggiore dell’Esercito, disponeva il temporaneo scioglimento dell’Uffi-
            cio storico per le imminenti congiunture belliche. Tutti gli incarichi venivano
            sospesi e gli ufficiali, che vi erano addetti, inviati nei reparti, ricollocati in con-
            gedo o impiegati all’interno dello Stato maggiore. Il cap. Cesare Cesari, in quel
            momento  segretario  dell’Ufficio  storico,  dal  dicembre  1914  al  maggio  1915



            25   Barone concludeva la sua nota suggerendo, nel caso si fosse deciso di portare avanti l’i-
               niziativa, alcune delle linee d’azione da intraprendere. Anzitutto, una ricognizione precisa
               di tutta la documentazione, specialmente di quella custodita dagli Archivi di Stato, da affi-
               dare a una sola persona, «per evitare differenze di apprezzamenti». Al fine di facilitargli il
               compito, questo incaricato doveva essere «munito di commendatizie autorevoli» e il Mini-
               stero degli interni doveva impartire «ordini precisi e categorici agli Archivi di Stato, affin-
               ché tutto il materiale fosse lasciato vedere ed esaminare». Per il capo dell’Ufficio storico,
               poi, una volta superate le «difficoltà di ordine morale e quelle di ordine finanziario», non
               vi sarebbero state quelle di carattere legislativo, «in quanto che gli Archivi di Stato sono
               retti con r. decreto, e quindi con lo stesso mezzo possono essere diminuiti od accresciuti
               nel loro patrimonio documentario». Cfr. AUSSME, L 3. Studi particolari, b. 301 (già 305),
               fasc. 4, s.fasc. 2.
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                Cfr., ad esempio, l’ordine del giorno Ufficio del capo di Stato maggiore, 28 mar. 1903, n. 6,
               e l’ordine del giorno Ufficio del capo di Stato maggiore, 23 ago. 1906, n. 37, in ibid., rispet-
               tivamente fasc. 2 e fasc. 3. Inoltre, Ministero della Guerra, CoMando del CorPo di stato
               MaGGiore, Norme di servizio per il Comando del Corpo di Stato maggiore (20 maggio 1906),
               Roma, Carlo Voghera, tipografo editore del Giornale militare, 1906.
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