Page 112 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           volontari, senza vincolo di ferma, reclutati tra diverse tribù della Cirenaica. Nel novembre
           del 1925 fu aggregata alla colonna del tenente colonnello Spernazzati che operava nei ter-
           ritori Dorsa, e due mesi dopo a quella del tenente colonnello Locascio operante nel Gebel
           Centrale.
              Come già accennato, queste formazioni si caratterizzavano soprattutto per la rapidità
           di movimento, garantita dalla resistenza alla fatica e dalla frugalità dei loro uomini, che
           ne faceva lo strumento più adatto per combattere le mehalle avversarie che avevano carat-
           teristiche speculari. I comandi italiani non tardarono a rendersene conto e cercarono di
           ottenere sempre il massimo da queste formazioni irregolari, così come sarebbe poi avvenuto
           in Etiopia nella seconda metà degli anni Trenta durante le operazioni per il controllo del
           territorio. Terminata infatti nel maggio del 1936 la fase della guerra vera e propria, le trup-
           pe nazionali furono in gran parte rimpatriate, anche per alleggerire l’onere sulle casse dello
           Stato, e le truppe di colore ebbero un ruolo sempre più rilevante. Era la stessa situazione che
           si era avuta in Libia, dove nel 1927 si contavano circa 19.000 uomini tanto in Tripolitania
           quanto in Cirenaica, per la maggior parte appartenenti alle formazioni coloniali, regolari o
           irregolari . A titolo di paragone in Etiopia, nel pieno della rivolta dell’estate 1937, il totale
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           delle truppe nazionali e indigene impegnate in azione superava i 220.000 uomini.
              Nel 1929 un’analisi della situazione suggeriva al generale di Corpo d’Armata Nicola
           Gualtieri l’idea che i battaglioni libici dovessero essere strutturati su tre compagnie fuci-
           lieri e una compagnia mitragliatrici per poter svolgere, almeno nella Tripolitania ormai
           “pacificata”, anche compiti di sicurezza esterna . Ciò significava ricondurre il problema
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           del controllo del territorio alla dimensione dell’attività di polizia e di ordine pubblico,
           impiegandovi in primo luogo carabinieri e zaptié, e nelle regioni desertiche del sud reparti
           sahariani e aviazione, con l’intervento nel caso di formazioni irregolari, e preparare invece i
           reparti regolari per l’eventualità di una guerra combattuta in Africa contro altre potenze eu-
           ropee. Se nell’evoluzione del battaglione un momento importante era stato l’introduzione
           delle mitragliatrici pesanti, era ora tempo di dotare le compagnie fucilieri di mitragliatrici
           leggere, aumentando poi l’organico fino a 800 uomini. In Tripolitania c’erano al tempo 12
           battaglioni di truppe di colore, di cui 6 misti, ma gli eritrei, insostituibili nel Corno d’Afri-
           ca, si erano dimostrati poco adatti alle condizioni estreme della Libia.















           306 Comando del Corpo di Stato Maggiore, Forze coloniali, 19 aprile 1927, AUSSME, Fondo L-8, busta
              186, fascicolo 2.
           307 Battaglioni di colore in Libia, tel. n. 21 RR. del 16 gennaio 1929, AUSSME, Fondo L-8, busta 188,
              fascicolo 3.

                                                                          Capitolo seCondo
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