Page 115 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il RegIo eseRcIto e le opeRazIonI dI polIzIa colonIale In afRIca (1922-1940) 115
costato a Abd el-Kader, protagonista della lotta contro i francesi al tempo dell’invasione
dell’Algeria, combinando in sé le caratteristiche del beduino e quelle dello sceicco senusso.
L’analisi di alcuni studiosi libici della partecipazione delle popolazioni alla guerriglia vuole
evidenziarne il carattere di lotta di popolo, rappresentato dal costante sforzo di fornire alle
mehalle uomini e mezzi. Quando un uomo era chiamato a combattere, il suo posto nei
campi e con il bestiame veniva preso da un familiare, in una sorta di avvicendamento in cui
anche le donne ebbero un ruolo importante . Sempre secondo la lettura libica è sbagliato
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credere che i guerriglieri fossero spinti unicamente dal fanatismo religioso che promette-
va ai più coraggiosi il migliore dei paradisi: i mujahidin, invece, dimostrarono negli anni
di possedere un’incrollabile tenacia e ottime qualità di combattenti, qualità che, peraltro,
nessuno aveva mai messo in dubbio, primo fra tutti Graziani: “[…] Di resistenza e sobrietà
eccezionale, amante della libertà sconfinata nella quale nasce e muore, egli è combattente di
prim’ordine per razza e necessità ambientali, qualità da temere ed apprezzare nel suo giusto
valore dal momento che della lotta ha l’istinto innato, ed è abituato per atavismo, a vivere
sempre in lotta contro gli altri aggregati e contro tutti gli elementi. Le formazioni armate
costituite da queste genti, esenti quasi assolutamente da necessità logistiche, costituiscono
un nemico mobilissimo, rapace e coraggioso che talvolta sa tenere in iscacco forze anche
superiori. Nella difesa i nomadi sono tenacissimi fino a quando, beninteso, non si con-
vincano della inutilità di persistere nell’azione. Nell’attacco agiscono di preferenza all’alba
di sorpresa con indicibile irruenza e durante il combattimento tentano di aggirare le ali
dell’avversario. Speciale attitudine hanno per compiere imboscate ed audaci colpi di mano
sulle carovane di rifornimento. La loro celerità, dovuta, come abbiamo visto, all’assenza
delle impedimenta logistiche, al nessun bisogno di vincoli organici ed all’allenamento alle
fatiche e ai disagi, è elemento di superiorità sulle nostre formazioni regolari, legate sempre,
più o meno, alla lentezza ed al peso dei rifornimenti” .
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Molto interessante è la lettura di una specie di protocollo firmato da alcuni capi dissi-
denti, primo fra tutti Mohamed Fgheni:
- Durante tutto il periodo della guerra nessuno può prendersi la razzia e tornare alla
sua famiglia.
- I fucili e le munizioni prese debbono restare nella mehalla.
- Se qualcuno non ubbidisce e torna indietro, gli sarà tolta ogni cosa e non avrà diritto
da diversi ufficiali coloniali, persino da quelli che lo avevano combattuto. Era questo il pensiero di
Orlando Lorenzini che lo manifestò alla famiglia, come riferito dalla figlia primogenita Paola a Gian
Carlo Stella. Sul personaggio si veda: Gian carlo Stella e paola lorenzini, “Trent’anni d’Affrica”.
Vita del generale medaglia d’Oro Orlando Lorenzini. Ricavata da lettere, relazioni, documenti inediti e
ricordi della figlia donna Paola Lorenzini-Doveri, Bagnacavallo, Ravenna, Tipografia Zattoni, 1996.
318 H.W. al-haSnawi, I metodi di combattimento nel movimento del Jihad libico, in ricerche e studi sul-
la storia libica 1911-1943, a cura di Salah al-Din Hasan al-Suri, Habib Wada’a al-Hasnawi, Tripoli,
1984, p. 348, come in nicola laBanca, pierluiGi venuta, Bibliografia della Libia coloniale 1911-
2000, Firenze, Leo. S. Olschki Editore, 2004, op. cit., LXIV.
319 Relazione sulla situazione ed avvenimenti nel Sud tripolitano. Primavera 1929, AUSSME, Fondo L-8,
busta 158, fascicolo 12.

