Page 114 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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              In Tripolitania la maggioranza dei guerrieri era berbera , mentre in Cirenaica era ara-
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           ba, anche se le due etnie si erano nel corso dei secoli mescolate. I beduini non avevano mu-
           tato le loro abitudini: da sempre nomadi e cavalieri, si dedicavano alla pratica della razzia,
           secondo una sorta di diritto consuetudinario, evitando per quanto possibile di spargere
           sangue . Sia i berberi, sia i beduini favorivano l’azione di sorpresa avevano bisogno di
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           pochissimo per sopravvivere nel deserto ed erano in grado di adattarsi molto meglio degli
           europei a condizioni di vita praticamente impossibili . Era uno scenario che da sempre
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           favoriva la guerriglia, come era apparso chiaro nel 1835, quando i guerrieri berberi Ghuma
           e Milud avevano spazzato via numerosi distaccamenti turchi. Il legame fra i membri di ogni
           tribù era fortissimo e vigeva la legge del taglione, con il perdono considerato un’inutile de-
           bolezza . Le ataviche tensioni fra le tribù, se da un lato contribuivano a mantenerne alto lo
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           spirito guerriero, dall’altro ne impedivano la coesione, aprendo la strada alla dominazione
           turca e in seguito a quella italiana.
              Quando nel 1930 Graziani analizzò la situazione in Cirenaica la definì un organismo
           malato: le bande di Omar erano il “bubbone purulento” che infettava l’intera regione. I
           nemici erano stati inizialmente i turchi, poi i senussi, infine i beduini che difendevano le
           loro terre e il loro stile di vita. Al tempo della campagna di Libia del 1911-12 il califfo
           aveva proclamato la guerra santa e scomparso il califfato con la fine dell’impero ottomano
           la religione era rimasta comunque un potente fattore motivante, ma fu commesso l’errore
           di credere che fosse sufficiente sconfiggere la Senussia e che l’attaccamento dei beduini
           alla religione fosse solo superficiale . La famiglia dei Senussi ebbe paradossalmente una
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           parte insignificante e ingloriosa nella resistenza: agli occhi dei beduini mancavano di quelle
           qualità che fanno un condottiero ed erano soprattutto guide spirituali. Un caso a parte
           è quello di Omar al-Mukhtar  che fu l’anima della rivolta in Cirenaica e può essere ac-
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           312 Ibidem, pp. 10-11. Si veda anche h. duveyrier, Les Tuareg du Nord, Paris, Challamel, 1863, p. 448,
              e G. BoiSSier, L’Afrique Romaine, Paris, Hachette, 1907.
           313 Ibidem, p. 14.
           314 Ibidem, p. 15. Si veda anche M. colucci, Il diritto consuetudinario delle tribù della Cirenaica, “Rivista
              Coloniale”, Anno XXII, N. 1, Roma, 1927.
           315 Interessantissimo nel diritto consuetudinario libico il concetto di “vendetta”(tar), come in M. Coluc-
              ci, Il diritto consuetudinario delle tribù della Cirenaica, op. cit.
           316 Lo stesso Mezzetti si era reso conto dei numerosi errori compiuti. Nel 1933, nel suo Guerra in Libia,
              raccontò che le trattative con il loro capo, il Saied Redà, avviate prima delle operazioni sul 29° paral-
              lelo, erano a buon punto e che sarebbero state fondamentali per indebolire la ribellione. Il Saied era
              fratello di Mohammed Idris e l’emiro gli aveva affidato la Cirenaica. Tutto era quasi concluso, quando
              da Roma giunse l’ordine folle di confinare il Redà in Italia, vanificando gli sforzi compiuti e facendo
              il gioco di Omar al-Mukhtar. Anche i figli di Redà, Hassan e Saddig, che stavano per passare dalla
              parte degli italiani, si diedero alla macchia.
           317 Nato circa nel 1862 in Marmarica ed educato prima nella scuola senussita di Zanzur e poi a Giara-
              bub, Omar al-Mukhtar ritornò ad al-Qasur nel 1906 circa e più tardi prese parte alla prima guerra
              italo-senussa. Nel giro di pochi anni divenne “il patriota” per eccellenza, combattendo senza tregua
              gli invasori e segnalandosi per l’astuzia e per le doti di leader. La sua esecuzione fu un errore, inciden-
              do negativamente sui vista dei rapporti con l’opinione pubblica araba, e venne considerata tale anche

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