Page 125 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 125
Il RegIo eseRcIto e le opeRazIonI dI polIzIa colonIale In afRIca (1922-1940) 125
tribù era severamente punita, confiscandone il bestiame e i raccolti, bruciandone i campi
e a volte uccidendo i sospetti. D’altro canto, se si rifiutavano di aiutare i ribelli, i beduini
sottomessi andavano ugualmente incontro a pesanti rappresaglie e in questo contesto molti
giunsero alla conclusione che era meglio schierarsi con loro piuttosto che con gli invasori.
Per gli italiani non era facile capire con chi si aveva a che fare: per dirla con l’antropologo
britannico Emrys Evans-Pritchard “la guerriglia non aveva uniformi” e bastava nascondere
il moschetto per trasformarsi in un attimo da guerrigliero in innocuo pastore . Ben presto
362
si scoprì che tutti i ribelli catturati avevano carte d’identità italiane con le quali, passando
per sottomessi, potevano avere cibo e persino armi. Dal momento che anche gli sceicchi
stipendiati dal governo italiano pagavano le decime ad Omar al-Mukhtar, era inutile cer-
care di distruggere la pianta della resistenza strappandone le foglie e i rami perché aveva le
sue radici fra i sottomessi. L’ostilità degli arabi nei confronti degli occupanti cristiani non
si poteva sradicare. Come sottolineato dal generale Mezzetti, quello dei civili era il vero
problema che condizionava la gestione quotidiana del territorio e le stesse operazioni .
363
Dal momento che in una stessa famiglia c’erano uomini dalla parte del governo e altri
dalla parte del dor, l’unica soluzione era inquadrare e controllare i sottomessi. Fu quindi
individuato un confine entro il quale avrebbero potuto muoversi liberamente, seminare e
far pascolare il bestiame. A sud di questo Mezzetti dispose una serie di presidi sulla linea
delle zavie (posti d’acqua) con funzioni di controllo del territorio, ma in Italia questa im-
postazione non venne condivisa e quando il generale lasciò l’incarico, molti di questi punti
d’appoggio furono abbandonati con le immaginabili conseguenze per l’ordine pubblico. La
chiave di tutto stava nella collaborazione sotterranea tra partigiani e popolazione e nel 1930
il problema fu risolto una volta per tutte con l’allontanamento delle tribù seminomadi
dalla Cirenaica e la costruzione di un reticolato confinario: Omar al-Mukhtar e il suo dor
erano ora senza “denaro, mezzi di sussistenza, munizioni, uomini di rimpiazzo ai caduti” .
364
Questo concetto non era nuovo, era già stato usato dai britannici in Sudafrica e l’avrebbero
usato i francesi in Algeria. Non solo: nelle più moderne teorie di controguerriglia – quella
che oggi viene definita counterinsurgency o COIN – la separazione del ribelle dalla popo-
lazione e un serio controllo dei confini del Paese in questione sono considerati due punti
fondanti del successo .
365
Il reticolato posizionato lungo il confine più caldo, quello tra Libia ed Egitto, aveva il
duplice scopo di bloccare il passaggio delle merci di contrabbando che sarebbero andate
a rifornire i dissidenti e di impedire a questi di passare a loro piacimento da una parte
all’altra della frontiera. L’Egitto non si era mai dimostrato particolarmente collaborativo
nella lotta contro i combattenti libici, anzi molti italiani accusavano gli egiziani di tacita
362 E. E. evanS-pritchard, The Sanusi of Cyrenaica, op. cit., p. 164. Pritchard afferma di aver conosciuto
un dissidente che, ferito, si era recato in un ospedale italiano per farsi curare, fingendo di essere stato
colpito dai ribelli.
363 ottorino Mezzetti, Guerra in Libia. Esperienze e ricordi, op. cit., p. 193.
364 Lettera di Badoglio al Ministro delle Colonie del 1° luglio 1930, ACS, FG, scatola 8.
365 Si veda per ulteriori approfondimenti il testo con prefazione del generale Petraeus, The U.S. Army-
Marine Corps, Counterinsurgency Field Manual, The University of Chicago Press, 2006.

