Page 126 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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126 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
connivenza con loro. Fu così che Graziani, dopo una lunga e approfondita valutazione dei
costi e dei benefici, nel 1931 diede il via alla sua costruzione che fu completata in tempi
record: iniziata a metà aprile, a settembre era terminata . Fu un’impresa considerevole,
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dal momento che quei 270 km di filo spinato correvano in un territorio arido, inabitato,
assolutamente privo di acqua, e fu un colpo mortale per la resistenza libica. Il controllo del
reticolato venne affidato al comando del settore di uadi Mra, con tre gruppi sahariani e una
squadriglia autoblindo, e all’aviazione , e anche se qualche piccola cellula riuscì ancora a
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passare il confine con l’Egitto fu reso effettivamente impermeabile .
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Insieme al reticolato a fiaccare la resistenza contribuì lo spostamento tra il 1930 e il
1931 di quasi 100.000 abitanti del Gebel in una quindicina di campi realizzati nella Sirtica.
Era chiaro che questa massiccia migrazione interna non avrebbe giovato al benessere della
colonia, sarebbe stato utopico pensare che l’economia non ne risentisse, ma per i vertici mi-
litari l’obiettivo era sradicare la ribellione e ogni forma di contrabbando che l’alimentasse,
non importava a che prezzo, e infatti, dopo tre anni, secondo alcune stime, ne rimanevano
60.000. I campi non erano tutti uguali, in alcuni, come quelli destinati alle famiglie dei
ribelli dichiarati, le condizioni di vita erano veramente dure. I tanti, troppi morti furono
però causati dall’incapacità e dall’incuria di chi li gestiva, che favoriva la morte per fame e
malattie, e non da una volontà di sterminio. Alcuni storici hanno voluto assimilarli ai cam-
pi di sterminio nazisti ma un serio esame il paragone non regge proprio per la mancanza
di un tale disegno e di un progetto “scientifico” . Non dobbiamo poi dimenticare che la
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prassi della rilocazione, o deportazione, verrà adottata in situazioni analoghe nel secondo
dopoguerra, ad esempio in Algeria, quando tra il 1957 e il 1960 più di 2 milioni di algerini
vennero spostati dalle montagne alla pianura, in campi di raccolta dove le condizioni di vita
erano durissime, e sia pure in misura minore e in condizioni ambientali diverse in Malesia e
in Vietnam. Detto ciò, in molti hanno tentato di stabilire quanto sia costata, in vite umane,
la pacificazione della Libia. Premesso che è molto difficile, se non impossibile, operare una
netta distinzione fra combattenti e civili, e che né in Tripolitania né in Cirenaica all’inizio
delle operazioni, e cioè nel 1922, era stato fatto un censimento della popolazione, si può
366 I lavori durarono dal 15 aprile al 5 settembre con un’interruzione di 12 giorni dovuta ad un ghibli
fortissimo. Si calcolò che fossero stati utilizzati 20.000 quintali di cemento, quasi 22.000 di ferro,
6.000 mc. di acqua, oltre a quasi 35.000 quintali di filo spinato. Vennero inoltre percorsi migliaia di
chilometri per una somma pari a 73 volte il giro del mondo.
367 Si veda GiorGio rochat, Le guerre italiane in Libia e in Etiopia dal 1896 al 1939, op. cit., p. 103.
368 I francesi, durante la guerra d’Algeria, alla fine degli anni ’50, utilizzeranno un sistema simile di bar-
riere, detto “Linea Morice” in onore dell’allora ministro della difesa André Morice, costituito da reti
elettrificate, mine e filo spinato e pattugliato di continuo per un’estensione di 320 km lungo il confi-
ne tunisino.
369 Lo studioso libico Ahmida è molto duro al riguardo: “Thus, is not a gross error to compare German
fascism with the “benign” Italian type. The only difference between them was that the Italian ho-
locaust did not occur in Europe but in the colonies, especially in Libya” (a. a. ahMida, op. cit., p.
135). La tragedia delle migliaia di morti nei campi di concentramento italiani in Cirenaica non può
però essere paragonata alla Scioah sotto alcun punto di vista, e non soltanto per il fatto che si svolse
in Africa e non in Europa.
Capitolo seCondo

