Page 144 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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144                   l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943

              Nonostante nel 1940, rispetto ai mesi e agli anni precedenti, la dissidenza fosse notevol-
           mente diminuita, a fare baluardo di resistenza rimanevano alcuni focolai nell’Amara e nello
           Scioa; oltre a ciò la guerra già iniziata in Europa non lasciavano prevedere nulla di buono.
           In una simile congiuntura la popolazione etiopica dava ormai segni di sfinimento: gli anni
           di guerra e di guerriglia avevano impoverito il Paese, portato carestia e morte. L’inizio del
           1940 aveva visto un avvicinamento, con l’intenzione chiara di trattare, di Abebè Aregai,
           ma l’attività diplomatica si era risolta con un nulla di fatto, forse anche per le continue
           pressioni anti-italiane e le intromissioni da parte di Francia e Gran Bretagna, dichiarata-
           mente schierate, e con ogni mezzo, a favore della causa etiopica. Quando poi l’Italia entrò
           in guerra, il conflitto si estese subito e il Corno d’Africa diventò uno dei tanti scacchieri
           e l’impero, a quel punto giudicato non risolutivo per l’Europa, e coloro che ci vivevano
           vennero abbandonati al proprio destino.



           Un impero inquieto
              Dopo aver inviato in Eritrea ed in Somalia un Corpo di spedizione forte di circa 160.000
           uomini tra nazionali (di tutte le armi, milizia compresa) e coloniali (ascari, dubat e spahis
           libici) con 450 velivoli, 400 mezzi corazzati e un gran numero di pezzi d’artiglieria , il
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           3 ottobre 1935 Mussolini diede inizio all’invasione dell’Etiopia. La guerra fu conclusa
           vittoriosamente nel giro di sette mesi e il 9 maggio fu proclamato l’impero, ma vasti terri-
           tori erano ancora fuori controllo e per portarne a termine la stabilizzazione non sarebbero
           bastati i quattro anni che precedettero lo scoppio del Secondo conflitto mondiale, quando
           il Regio Esercito dovette abbandonare la controguerriglia per far fronte ad altre esigenze.
              Le rivolte che scoppiarono nell’estate del 1936 vennero interpretate, in un primo tempo
           almeno, come fenomeni di assestamento inevitabili in un territorio appena conquistato, e
           soprattutto in un Paese come l’Etiopia in cui i ras avevano dato sempre filo da torcere ai
           loro sovrani. Su come governare il nuovo impero i pareri erano assai discordi: da un lato
           c’erano i sostenitori della necessità di arrivare a un accordo coi capi locali , come Graziani
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           e Nasi, che peraltro erano mossi da ragioni diametralmente opposte, e dall’altro coloro
           che rigettavano ogni ipotesi di compromesso, con in prima fila il ministro delle Colonie
           Alessandro Lessona e lo stesso Mussolini. Il Duce, ingannato dalla facile vittoria, e con una
           conoscenza molto approssimativa di quella lontana realtà, aveva rifiutato ogni tipo di colla-
           borazione con gli indigeni, lasciandosi così sfuggire una grande opportunità: non si poteva
           infatti pensare di governare un territorio vasto quattro volte l’Italia senza una rete di inter-

           385 Ministero della Guerra, Relazione sull’attività svolta per l’esigenza A.O. (Premessa di F. Baistrocchi), Ro-
              ma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1936. 8°gr., pp. VIII-261; Ministero della Guerra. Comando del
              Corpo di S.[tato] M.[aggiore]. Ufficio Storico, La campagna 1935-36 in Africa Orientale. Volume I:
              La preparazione militare, Roma, 1939, 8° gr., pp. 350. Il secondo volume non fu mai stampato. Il 3
              ottobre 1935 in Eritrea e in Somalia si trovavano 8.800 ufficiali e 159.700 soldati, con 297.750 fuci-
              li, 8.715 mitragliatrici, 1.090 cannoni, 6.980 automezzi, 57.650 tra cavalli e muli.
           386 È molto interessante il telegramma in cui Graziani, parlando di ras Hailù, ribadisce l’importanza di
              collaborare coi notabili locali. Tel. n. 100969 del 28 ottobre 1937, AUSSME, D-6, DS 71.

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