Page 146 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           l’offerta del capo etiope . Il generale conosceva bene le popolazioni con cui trattava, la
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           loro fierezza e il coraggio, e sapeva che non avrebbero mai perdonato i lutti e i danni causati
           da una condotta militare inutilmente aggressiva . Quanti fossero stati ingiustamente dan-
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           neggiati dovevano anzi essere subito indennizzati, e con gli interessi: “[…] nella misura del
           valore di quanto è stato rubato, aumentato del cinquanta per cento. Pagheranno, è ovvio, i
           colpevoli diretti, se individuati, ma quando non si fosse saputo individuarli, ed i loro mezzi
           e le trattenute del loro soldo non fossero sufficienti, pagherà il reparto, e se non bastasse,
           pagheranno in soldo tutti i reparti del settore” .
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              Anni dopo, nella memoria redatta in risposta alle accuse dell’onorevole Pajetta, lette alla
           Camera e pubblicate sull’“Unità” il 4 febbraio 1950, Nasi si sarebbe soffermato a lungo
           sugli usi “guerreschi” degli etiopici, individuando alcune similitudini con i combattenti
           arabo-berberi dell’Africa del nord:

              -  lotta senza quartiere e senza discriminazione di colpi;
              -  infatuazione combattiva insita nel tradizionale spirito guerriero, non derivante dalla
                 causa del conflitto;
              -  obbedienza alla legge primitiva di non fare prigionieri e quindi ucciderli per non
                 trovarseli poi più di fronte. Fanno eccezione i prigionieri di classe (bianchi o di
                 colore) dai quali si spera di ricavare un forte riscatto (come avvenne per i prigionie-
                 ri italiani della battaglia di Adua), e fanno eccezione in genere le donne (coi loro
                 bambini) che sono portate via per adibirle a tutti gli usi, senza escludere la sorte di
                 diventare spose di un nemico;
              -  naturalmente la razzia del bestiame del nemico e di quanto è trasportabile;
              -  concorso delle donne (seguite dai bambini) alle operazioni guerresche, con la fun-
                 zione di animali da soma per il trasporto delle munizioni, viveri, acqua, tendaggi,
                 etc; con la funzioni di effettivi combattenti nel rifornimento di munizioni e carica-
                 mento delle armi (se ad avancarica) sulla linea di fuoco e partecipazione alla lotta
                 [...] .
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           392 “[...] Non vi è dubbio che favorevole sviluppo delle sottomissioni nell’harrarino[sic] devesi al fatto che
              generale Nasi ha confermato nelle sue funzioni il fitaurari Mellion, abissino che combatté nell’Oga-
              den, ed altri capi minori da lui dipendenti, tutti abissini al comando di Galla. Sistema che attualmen-
              te[...], come già dissi è antitetico alle direttive ministeriali. Ma siccome in questo momento quelli che
              valgono sono i risultati, lo lascio fare perché a rimaneggiare come ci pare e piace vi è sempre tempo”,
              tel. n. 9584 del 4 agosto 1936, in AUSSME, Fondo N-11, busta 4124.
           393 GuGlielMo ciro naSi, Il mio credo, Norme di tratto coi capi, Harar, 9 maggio 1938, p. 9, AUSSME,
              Fondo L-9, busta 159.
           394 GuGlielMo ciro naSi, Il mio credo, Razzie, Harar, 14 luglio 1938, p. 16, AUSSME, Fondo L-9, bu-
              sta 159.
           395 Memoria di G. C. Nasi, febbraio 1950, AUSSME, Fondo L-9, busta 159, Allegato n. 20. La memoria
              era stata compilata dal generale Nasi per l’onorevole Brusasca, sottosegretario di Stato per l’Africa Ita-
              liana ed era una chiara risposta alle accuse mossegli dal partito comunista italiano in occasione della
              nomina ad amministratore fiduciario della Somalia.

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