Page 151 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 151

Il RegIo eseRcIto e le opeRazIonI dI polIzIa colonIale In afRIca (1922-1940)  151

                 Le operazioni in Etiopia ebbero, da subito, il carattere di operazioni di polizia coloniale:
              miravano infatti, non tanto all’occupazione dei territori quanto al loro controllo politico,
              riducendo all’impotenza la dissidenza ed eliminando il fenomeno del brigantaggio, ende-
              mico in quelle regioni. Fondamentale per la pacificazione dell’impero, insieme all’azione
              politica e a quella informativa, era il disarmo dei suoi abitanti , lo stesso problema che i
                                                                409
              vertici militari italiani si erano trovati a dover affrontare negli anni Venti in Libia. Su que-
              sto punto Graziani, anche in seguito alle direttive ministeriali, si espresse più di una volta
              senza mezzi termini: chiunque venisse scoperto armato avrebbe dovuto essere giustiziato
              sul posto. A preoccupare erano le armi da fuoco, non le armi bianche: nel luglio del 1936
              il generale Gallina, parlando attraverso un’interprete a una cinquantina di capi e di preti
              copti intenzionati a sottomettersi, dichiarò che le lance non gli interessavano e che le armi
              da fuoco dovevano invece essere subito consegnate, altrimenti avrebbe lasciato mano libera
              ai suoi ascari . Sicuramente più ragionevoli le direttive del generale Nasi  che raccoman-
                        410
                                                                        411
              dava di puntare al disarmo dei nuclei più o meno consistenti di soldati sbandati e di non
              dare troppa importanza al fucile tenuto dal contadino per difesa personale. Il problema
              nasceva dal fatto che, non essendo il territorio ancora completamente sotto controllo, e
              non essendo quindi possibile assicurare agli abitanti una certa tranquillità, non si poteva
              chiedere di rinunciare a quell’arma da cui poteva dipendere la loro vita e quelle dei loro
              cari: nulla di nuovo rispetto a quello che si era visto in Tripolitania e in Cirenaica. L’atto di
              sottomissione, comunque, non poteva avvenire senza la consegna delle armi, anche perché
              queste rappresentavano un pericolo latente per la tranquillità della stessa popolazione, e a


                 italiano, Roma, USSME, 2010, pp. 84-85.
              409 Un bando per il disarmo si trova in AUSSME, fondo D-6, DS 90, allegato n. 16 firmato Galelli del
                 26 dicembre 1936.
              410 Diario storico firmato console Mario Mezzetti del 13 luglio 1936, AUSSME, Fondo D-6, DS 625.
              411 AUSSME, Fondo D-6, DS 168, allegato n. 13 del 18 giugno 1936.



                                                AUSSME. Anni Venti in Libia. Fortino di Sidi Abdul Gelil
   146   147   148   149   150   151   152   153   154   155   156