Page 150 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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creando numerosi angoli morti, restringeva i settori di tiro, il secondo, forse ancora più
importante per un esercito moderno, era la difficile percorribilità del terreno, in quanto
mancavano le strade - c’erano solo mulattiere, peraltro impraticabili per sei mesi all’anno a
causa delle piogge. È evidente che per avere un reale controllo del territorio occorreva in-
nanzitutto realizzare una rete stradale. La rete ferroviaria si identificava nel 1936 con i 481
chilometri della linea a binario unico Addis Abeba-Gibuti, lungo la quale la stazione più
importante era quella di Dire Daua, che era anche l’ultima delle venti esistenti.
Nel 1938 Teruzzi tentò di calcolare la popolazione dell’impero arrivando a numeri che,
se non sono esatti, possono comunque essere considerati indicativi : il governo dell’E-
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ritrea contava circa 1.000.000 di abitanti distribuiti su una superficie di 221.000 km²,
quello della Somalia 1.300.000 su 702.000 km², quello dell’Amara 2.000.000 su 223.000
km², quello dell’Harar 1.400.000 su 202.000 km², quello del Galla e Sidama 1.600.000 su
353.000 km², e il governatorato di Addis Abeba 300.000 su 7.000 km².
Non va dimenticato il tipo di governo a cui l’Etiopia era da sempre soggetta: un’orga-
nizzazione rigidamente feudale che aveva cristallizzato ogni possibilità di modernizzazione,
nonostante i deboli tentativi fatti dal Negus alla fine degli anni Venti. In quel contesto le
lotte intestine erano cosa del tutto normale: i ras, i degiac e tutte le altre personalità più o
meno influenti avevano dato sempre problemi, e lo stesso Hailé Sellassié sin dall’inizio del
suo regno fu costretto a dar prova di grandi doti diplomatiche. Quando il Negus partì alla
volta dell’Inghilterra, Graziani capì subito che, a prescindere dagli ovvii problemi comun-
que associati all’occupazione di un territorio, non sarebbe stato facile pacificare l’impero.
Nel 1936 la maggior parte delle divisioni utilizzate durante la guerra dei sette mesi vennero
sciolte, sostituendole con brigate che, se inizialmente ebbero un’impronta nazionale, ben
presto si trasformarono in unità coloniali, con una base indigena di matrice libica, eritrea,
somala e anche etiopica. L’utilizzo di truppe indigene, più che appropriato dal punto di
vista tecnico-tattico, creò non pochi problemi alle popolazioni locali. Celebri per la loro
crudeltà erano, infatti, i guerrieri galla che, spinti dal secolare odio contro le genti amara
che da sempre li avevano dominati, sottomessi e umiliati (galla significa “schiavo”), diven-
tarono ben presto il terrore dei villaggi. Un’altra componente peculiare delle forze di occu-
pazione erano i reparti di Camicie Nere, già impiegati durante la guerra vera e propria. Se
inizialmente il loro utilizzo era stato motivato dal fatto che avrebbero conferito al conflitto
“un carattere prettamente nazionale e popolare” , pur non avendo sempre la preparazione
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necessaria, in un secondo tempo vennero prescelte per quelle operazioni in cui fossero ne-
cessarie agilità, velocità e aggressività, sulla falsariga dei reparti d’assalto, oppure impiegate
per svincolare i battaglioni regolari da compiti di presidio, schierandoli, eventualmente
insieme a bande locali, a protezione delle vie di comunicazione, come ad esempio venne
fatto sulla camionabile del Cercer nel 1936 .
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406 Commissione Suprema di Difesa, Organizzazione delle Terre Italiane d’Oltremare, febbraio 1938,
ASMAI, Gab. A.S., busta 276, fascicolo 473.
407 Badoglio a Lessona, 15 agosto 1935, ACS, Fondo Badoglio, busta 4, n. 192.
408 Federica Saini FaSanotti, Etiopia 1936.1940. Le operazioni di polizia coloniale nelle fonti dell’Esercito
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