Page 226 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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226 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
occupati contro militari italiani “Il militare, che, senza necessità o, comunque, senza
giustificato motivo, per cause non estranee alla guerra, usa violenza contro privati
nemici, che non prendono parte alle operazioni militari, è punito con la reclusione
militare fino a due anni. Se la violenza consiste nell’omicidio, ancorché tentato o
preterintenzionale, o in una lesione personale gravissima o grave, si applicano le
pene stabilite dal codice penale. Tuttavia, la pena detentiva temporanea può essere
aumentata. Le stesse pene si applicano agli abitanti del territorio dello Stato nemico
occupato dalle Forze Armate dello Stato italiano, i quali usano violenza contro alcu-
na delle persone a esse appartenenti.”
- Un articolo a tutela delle truppe occupanti era il n. 167, Atti di ostilità commessi da
persone diverse dai legittimi belligeranti: “Chiunque compie atti di guerra contro lo
Stato italiano o a danno delle sue Forze Armate od opere o cose militari, senza avere
la qualità di legittimo belligerante, è punito, se il fatto non è preveduto come reato
da una speciale disposizione di legge, con la pena di morte mediante fucilazione
al petto. Se ricorrono particolari circostanze, che attenuano l’entità del fatto o la
responsabilità del colpevole, si applica la reclusione militare non inferiore a cinque
anni.” E’ da notare che il codice penale militare di guerra, nell’articolo n. 40,
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prevedeva anche il caso di ordini che costituissero manifestamente reato: “L’adem-
pimento di un dovere, imposto da una norma giuridica o da un ordine del superiore
o di altra autorità competente, esclude la punibilità. Se un fatto costituente reato
è commesso per ordine del superiore o di altra autorità, del reato risponde sempre
chi ha dato l’ordine. Nel caso preveduto dal comma precedente, risponde del fatto
anche il militare che ha eseguito l’ordine, quando l’esecuzione di questo costituisce
manifestamente reato.” Nella storia delle istituzioni belliche, la misura della presa
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di ostaggi era stata adottata di frequente dalle forze occupanti per premunirsi con-
tro eventuali atti di ostilità della popolazione. La tendenza ad un trattamento più
umano degli ostaggi, pur non sanzionata da alcuna norma di diritto internazionale,
trovava conforto nella dottrina prevalente. Così l’articolo 219 dei Codici penali
militari di pace e di guerra (edizione 1941) stabiliva espressamente che agli ostaggi
dovesse essere concesso il trattamento riservato ai prigionieri di guerra, con possibi-
lità di deroga solo di fronte a circostanze di assoluta eccezionalità .
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649 Pubblicazione n. 3851 Codici penali militari di pace e di guerra, Ministero della Guerra, 1942, pp.
419-427.
650 In merito ai doveri d’obbedienza dell’inferiore, la pubblicazione n. 2917 del Ministero della Guerra
Regolamento di disciplina militare per il Regio Esercito edizione 1942 all’art. 12 riportava che: “L’ob-
bedienza deve essere pronta, rispettosa ed assoluta. Non è permessa all’inferiore alcuna esitanza od
osservazione, quand’anche egli si creda gravato od ingiustamente punito”, ed all’art. 113: “Principale
dovere dell’inferiore è quello dell’obbedienza pronta, rispettosa ed assoluta al superiore in tutte le co-
se di servizio, ed in tutto ciò che si appartiene all’autorità ad esso conferita dai regolamenti”.
651 Foglio n. 899 in data 23 luglio 1942, Atti di sabotaggio ed arresti di ostaggi in Grecia, Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Commissione Consultiva per il Diritto di Guerra.
Capitolo terzo