Page 229 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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              l’esame della documentazione operativa e propagandistica catturata, l’impiego di fiduciari
              ed infiltrati nel movimento insurrezionale, delle modalità di realizzazione ed attivazione di
              posti di blocco stradale, dei piani di difesa di caposaldi e di presidi con la ripartizione dei
              compiti tra i nuclei fissi e mobili e le unità supporto di fuoco, dell’organizzazione delle au-
              tocolonne con l’articolazione dei singoli elementi di scorta, comando, rifornimento, avan-
              guardia, retroguardia. L’appendice conteneva esempi concreti del piano di difesa di un pre-
              sidio, dell’impianto e dell’organizzazione di un campo per avio rifornimenti, dell’impiego
              di segnalazioni ottiche, ecc. Anche l’analisi delle tecniche di combattimento dei partigiani
              non si discostava molto dalla circolare 36.000, pur contenendo riferimenti all’impiego da
              parte del nemico di formazioni più consistenti, risultato della riunione di più battaglioni
              (odred) e brigate, con obiettivi di maggior respiro.
                 Le principali novità in campo tattico introdotte dalla Circolare No. 3 C rispetto alla
              36.000 riguardavano l’importanza delle armi pesanti e delle colonne mobili per deprimere
              il morale del nemico e costringerlo a desistere da ogni intendimento offensivo, l’adozione
              nei rastrellamenti contro deboli forze nemiche di una formazione di combattimento allar-
              gata, fronte di sbarramento mobile e la costituzione di fronti di sbarramento fissi contro i
              quali spingere le bande ribelli in ripiegamento sotto l’incalzare dei gruppi di combattimen-
              to mobili. Il combattimento difensivo e statico, bandito nella 36.000 nel corso di operazio-
              ni mobili, nella No. 3 C era invece ammesso sia in coordinazione con l’attacco di colonne,
              sia come soluzione estrema in caso di andamento sfavorevole dell’azione. Parimenti era
              preso in considerazione il combattimento in ripiegamento, difficile da realizzare, ma che
              poteva venire imposto dalla superiorità di forze del nemico. Di rilievo, infine, la possibilità,
              in determinate situazioni tattiche e per azioni a breve raggio, di alleggerire i reparti delle
              dotazioni logistiche e dell’armamento pesante ai fini di una maggiore agilità e mobilità, per
              contrapporre guerriglia a guerriglia.
                 La premessa della Circolare No. 3 C costituiva una sorta di decalogo inteso a rafforzare
              il morale e lo spirito combattivo delle truppe, da cui il tono enfatico e talvolta gergale per
              fare più presa sui comandanti dei minori livelli organici: “L’armata è in guerra guerreggiata.
              Essa non lotta contro bande locali ed indipendenti, ma contro un avversario che mira a
              costituire un fronte unico, a sostituzione di quell’esercito jugoslavo che l’armata, in aprile
              ’41, ha gloriosamente messo fuori causa. La guerra che si conduce in Balcania è la stessa che
              si combatte in Russia, in Africa settentrionale, ecc. Questo importa: mentalità di guerra,
              ripudio delle qualità negative compendiate nella frase “bono taliano”, “grinta dura”. […]
              Il trattamento da fare ai partigiani non deve essere sintetizzato dalla formula: “dente per
              dente”, ma bensì da quella “testa per dente”! La prontezza e la potenza della reazione sup-
              pongono: in primo luogo del “ginger”, in secondo luogo: una organizzazione, permanente
              e contingente, propria allo scopo (elementi mobili, di pronto impiego). […] Le operazioni
              contro i partigiani sono vere e proprie operazioni belliche. […] La sorpresa tattica non è
              ammessa. […] Si deve combattere a fondo, e con accanimento. Non vi sono circostanze
              che autorizzino nuclei o singoli a cessare dalla lotta od a sbandarsi, come non esistono
              circostanze che legittimino perdite in armi e prigionieri, non accompagnate da notevoli
              perdite in morti e feriti”.
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