Page 234 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 234
234 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
Il 1941
Negli accordi di Roma del 18 maggio 1941, con l’articolo 1 il governo croato si impe-
gnò a “non istituire e a non mantenere nelle isole e nella zona compresa fra il mare e la linea
di demilitarizzazione alcuna opera o apprestamento militare terrestre, navale od aeronauti-
co, alcuna base di operazione, alcuna installazione suscettibile di essere utilizzate a scopo di
662
guerra, né alcuna fabbrica o deposito di munizioni o materiale da guerra” . Nei territori
della seconda e della terza zona controllati dagli italiani erano di stanza unità del costi-
tuendo esercito croato (domobrani), nonché reparti della milizia di partito degli ustascia, e
queste zone erano governate e amministrate da funzionari civili croati. In proposito il 19
maggio 1941, Mussolini, con il telegramma n. 0410, precisava che dal giorno 20 maggio
tutti i poteri civili sarebbero dovuti passare alle autorità croate e che le nostre truppe dove-
vano considerarsi “truppe stazionanti su territorio amico ed alleato”. I reparti italiani, quin-
di, vi rimasero con funzioni prettamente militari, tra le quali la sorveglianza delle coste e il
mantenimento dell’ordine pubblico, qualora questo avesse condizionato la condotta delle
663
operazioni . Una delle prime direttive emanate dal comando nella Jugoslavia occupata
riguardò il contegno da tenere verso la popolazione, che nel caso dei comandanti avrebbe
dovuto essere “autoritario, fermo e giusto”, nel caso della truppa “disciplinato” e caratteriz-
zato dal “rispetto assoluto della proprietà e delle persone” . Nei riguardi del costituendo
664
esercito croato, i comandi italiani dovevano vigilare sulla formazione dei primi battaglioni
di volontari, chiamati a concorrere con le forze della 2ª Armata al rastrellamento degli
sbandati del disciolto esercito jugoslavo. Nel maggio 1941 la milizia ustascia cominciò però
665
a perseguitare gli ebrei e i serbi , mentre i funzionari civili, in base agli ordini del governo
Pavelic, lasciavano fare permettendo che si perpetuassero crimini orrendi con lo sterminio
di intere famiglie, donne e bambini compresi, l’incendio dei villaggi bruciati, la devasta-
zione di vaste zone agricole, l’appropriazione dei beni delle vittime, l’invio degli ebrei in
campi di concentramento.
Questi fatti, svolgendosi sotto gli occhi delle truppe italiane, alimentarono uno stato
662 Secondo il trattato di amicizia l’Italia si faceva garante dell’indipendenza politica e dell’integrità terri-
toriale della Croazia. Zagabria avrebbe organizzato il proprio esercito in accordo con Roma, evitando
però la costituzione di una marina da guerra.
663 L’11 giugno Ambrosio andò in visita da Pavelic per rappresentargli la necessità che le forze militari
italiane rimanessero ancora per un certo tempo in territorio croato per favorire il completo assesta-
mento del nuovo governo. Il Poglavnik, evidenziando che l’adesione del paese al governo ustascia era
da considerarsi al 100%, fece pressioni affinché la presenza militare italo-tedesca fosse ridotta nella
quantità e nel tempo.
664 Foglio n. 914/R in data 19 aprile 1941, Contegno nei territori occupati, comando 2ª Armata – ufficio
personale e segreteria. Le persone che attentavano alla vita dei militari italiani furono immediatamen-
te considerate “franchi tiratori” e come tali da passare per le armi (foglio n. 3407 in data 24 aprile
1941, Franchi tiratori, comando 2ª Armata – Ufficio Operazioni).
665 I civili serbi residenti in Croazia furono obbligati a portare un bracciale di riconoscimento, venendo
espulsi dall’amministrazione pubblica e dalle università e privati della cittadinanza e l’uso dei caratteri
cirillici venne abolito.
Capitolo terzo