Page 236 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 236
236 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
locali croate. In materia di ordine pubblico i prefetti croati non avevano alcuna funzione
direttiva, che avevano invece i comandi militari italiani, autorizzati a prendere provvedi-
menti immediati in caso di propaganda anti-italiana, a ordinare l’arresto degli elementi
ostili e a controllare l’attività dei rappresentanti politici ustascia. Entro il 5 settembre tutti
le formazioni combattenti ustascia avrebbero dovuto lasciare la seconda zona, mentre i do-
mobrani sarebbero passati dal 1° settembre alle dipendenze della 2ª Armata per l’impiego,
l’addestramento e la disciplina.
L’accordo italo-croato di settembre ebbe come conseguenza la rioccupazione italiana
dell’intera seconda zona, in parte abbandonata dopo il passaggio dei poteri alle autorità
croate nel corso della primavera. Questa mossa era stata caldeggiata dal comando della 2ª
Armata dal momento che le milizie croate, dopo aver causato la rivolta, non erano state
in grado di reprimerla. Il servizio informazioni aveva invece notato una buona predispo-
sizione dei serbi verso gli italiani, che raramente erano stati attaccati, in un periodo in cui
il movimento partigiano comunista aveva ancora un basso profilo e gli insorti non erano
ancora ben organizzati. Eliminate le violenze ustascia, l’attività della 2ª Armata fu orientata
a una completa pacificazione del paese per la quale, d’accordo col governo croato, si sarebbe
dovuto promulgare una amnistia generale provvedendo poi ad adottare le misure necessa-
rie per garantire ai serbi di poter avere una vita normale nelle zone occupate. Nonostante
l’apparente adesione del governo croato a queste proposte, in realtà la situazione rimase
pressoché invariata per il consueto ostruzionismo delle autorità croate a livello centrale e
periferico.
Al fine di giungere alla pacificazione dei territori della seconda zona, i militari italiani
non esitarono ad entrare in contatto coi ribelli, ricercando accordi di cessate il fuoco e di
collaborazione in funzione anticomunista. I comandi del Regio Esercito in cambio garanti-
vano la protezione delle comunità serbe dalle mire croate e un certo grado di autogestione
amministrativa. Le prime intese coi serbi di Croazia furono raggiunte già nell’estate 1941,
consentendo alle truppe italiane di estendere con facilità l’occupazione alla seconda zona .
667
All’inizio di ottobre, Ambrosio comunicò a Roma che la situazione era migliorata, mentre
Mussolini si disse convinto che le atrocità da parte di “elementi incontrollati ed incontrol-
labili” fossero ormai cessate .
668
Il successo delle pur precarie tregue d’armi, che avevano consentito di limitare di molto
la portata del fenomeno insurrezionale nella seconda zona, portò a prendere in considera-
zione l’ipotesi di estendere l’occupazione anche alla terza. Dato che le autorità croate non
erano in grado di fronteggiare l’insurrezione, per impedire che il paese piombasse nella più
assoluta anarchia fu posta allo studio l’occupazione dell’intero territorio fino al margine
orientale della zona di influenza italiana. Un’azione in tal senso era richiesta anche dai
667 “Il consenso alla nostra occupazione si va estendendo. L’imparziale comportamento dei comandi e dei
reparti italiani, si impone alla considerazione delle masse e genera un senso di diffusa fiducia. Non
sono rare, specie fra le popolazioni di origine serbo-ortodossa, le invocazioni a che l’occupazione si
muti in annessione”. (Notiziario n. 42, cit.).
668 Telegramma n. 15871 in data 2 novembre 1941 del Ministero degli Affari Esteri a firma del Capo del
Governo ed indirizzato al comandante della 2ª Armata.
Capitolo terzo