Page 250 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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250 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
ripetuti casi di resa in massa di formazioni partigiane comuniste e cetniche, con queste
ultime disposte a passare agli ordini dei comandi italiani. Allo scopo di incentivare il disgre-
gamento delle bande ribelli, in luglio, la 2ª Armata, nel frattempo ridenominata Comando
Superiore FF.AA. “Slovenia-Dalmazia” e posta alle dirette dipendenze del Comando Supre-
mo , autorizzò il lancio di manifestini e l’affissione di proclami “salva la vita”, nei quali
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cioè veniva garantita salva la vita a coloro che si fossero arresi spontaneamente consegnando
le armi, prevedendone l’invio in campi di internamento ed eventualmente il reclutamento
nelle formazioni M.V.A.C.
Per venire incontro alle richieste delle autorità politico-militari croate che, rinfrancate
dai successi ottenuti, chiedevano di poter assumere i pieni poteri nel loro territorio, a fine
maggio fu avviato un ciclo di colloqui che portò agli accordi di Zagabria del giugno del
1942. Gli italiani avrebbero ritirato i loro presidi dalla terza zona, tranne quello di Kar-
lovac, e alcuni di quelli minori della seconda zona, nei villaggi sarebbero state costituite
delle forze di autodifesa che avrebbero dovuto cooperare con la gendarmeria croata, la
protezione delle linee ferroviarie e la scorta dei convogli sarebbero state affidate a reparti di
domobrani e ustascia, le autorità civili croate avrebbero avuto maggiori poteri nella seconda
zona e le forze croate avrebbero avuto maggiore libertà d’azione nel controllo del territorio.
I comandi italiani conservarono il diritto di riattivare in caso di necessità i presidi ritirati
dalla seconda e dalla terza zona, di costituirne degli altri e di condurvi operazioni in concor-
so o meno con le truppe croate. Nel capitolo I del testo degli accordi, il governo di Zagabria
si impegnava poi a tutelare i diritti fondamentali e gli interessi delle popolazioni dei presidi
sgombrati dagli italiani, mentre l’entità delle forze croate, gendarmeria, domobrani, usta-
scia, rischierate nella seconda zona, doveva essere concordata con le autorità militari italiane
che ne avrebbero assunto il comando nel caso di operazioni combinate tra i due eserciti. A
tal fine presso Supersloda veniva costituito un Commissariato generale militare di Croazia
con il compito di impartire le disposizioni del caso. Nella seconda e terza zona era inoltre
prevista la costituzione di bande anticomuniste mobili o con compiti di protezione locale,
poste sotto il controllo italiano, croato o congiunto.
Gli accordi di giugno furono utili più ai partigiani che all’Asse. L’inconsistenza delle
forze di Pavelic emerse infatti nuovamente in tutta la sua gravità nella seconda metà del
1942, quando le forze di Tito, cacciate dall’Erzegovina e da altri settori della seconda zona
dall’azione congiunta italiana e cetnica, si spostarono verso nordovest. Nella terza zona, or-
mai quasi completamente abbandonata dagli italiani, le forze comuniste ebbero facilmente
la meglio sui deboli presidi croati, che cedettero uno dopo l’altro (Prozor, Livno, Jajce,
Bihac, ecc.) lasciando nelle loro mani un grosso bottino di armi, equipaggiamenti e viveri.
In linea con i timori espressi da Roatta già nel gennaio del 1942, il ritiro italiano dalla terza
706 La denominazione del nuovo comando fu abbreviata in Supersloda. Tale provvedimento potrebbe es-
sere stato indotto dalla tendenza del comando della 2ª Armata a relazionarsi direttamente col Mini-
stero degli Affari Esteri per questioni di carattere eminentemente politiche, talvolta anche senza chie-
derne l’autorizzazione o addirittura senza informare lo S.M.R.E. e il Comando Supremo. Il 1° aprile
1943 Supersloda tornò alle dirette dipendenze dello S.M.R.E. ed il 15 maggio riassunse la denomi-
nazione di 2ª Armata.
Capitolo terzo

