Page 252 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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252 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
La dottrina e il pensiero di controguerriglia
A fine agosto Roatta fece il punto della situazione militare emanando disposizioni di
massima alle quali i reparti dipendenti si sarebbero dovuti attenere nelle azioni di contro-
guerriglia. Dopo aver preso atto che le grandi operazioni in Bosnia e Slovenia non erano
riuscite a stroncare l’insurrezione, e che non si poteva fare troppo affidamento sul concorso
croato, nella previsione di un ulteriore inasprimento del confronto, il comandante della 2ª
Armata ordinò il ripiegamento delle truppe su posizioni arretrate entro la seconda zona a
copertura dei territori costieri annessi e del Montenegro. Nella terza zona si doveva però
continuare a presidiare la città di Karlovac, da utilizzare come base di partenza per un’even-
tuale invasione della Croazia (piano “K”), mantenendo nel contempo il controllo fino alla
linea di demarcazione della cosiddetta “ferrovia del petrolio” Mostar-Sarajevo, dalla quale
transitavano i rifornimenti di combustibile romeni essenziali per lo sforzo bellico della na-
zione. Roatta si vedeva costretto ad assumere un atteggiamento meno offensivo e ad abban-
donare una grossa parte del territorio croato dalla riduzione delle forze a sua disposizione e
dalla stanchezza delle truppe, in parte, come nel caso delle divisioni “Cacciatori delle Alpi”
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e “Re” , logoratesi in duri cicli operativi protrattisi per mesi senza soluzione di continuità.
La seconda zona doveva servire come antemurale difensivo della fascia costiera, mantenen-
do il controllo sia con i presidi sia con colonne mobili, col contributo della M.V.A.C. e dei
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croati . In questo contesto l’armata aveva il compito di: “1) provvedere alla difesa militare
e dell’ordine pubblico nei territori annessi; 2) provvedere alla difesa militare nelle regioni
croate della seconda e terza zona (limitatamente alle aree occupate); 3) provvedere alla di-
fesa delle frontiere marittime, isole comprese; 4) garantire le vie di comunicazione più im-
portanti ai nostri fini”. La priorità andava naturalmente alla sicurezza dei territori annessi,
dove “la difesa normale dell’ordine pubblico (presidi) richiede guarnigioni più numerose e
più uniformemente ripartite che nelle zone croate, in modo da controllare tutto il paese, di
permetterne la vita più normale possibile, e di tutelare la struttura politica-amministrativa
impiantata”. Nei territori croati occupati al presidio dei centri principali doveva accom-
pagnarsi il continuo pattugliamento del territorio da parte di colonne mobili. La difesa
costiera, data la carenza di uomini e materiali, doveva limitarsi a un servizio di sorveglianza
e allarme, affidando la protezione delle aree più sensibili a qualche batteria di cannoni e a
reparti di fanteria di pronto intervento.
Con i tedeschi ancora non orientati a intervenire in modo massiccio in Croazia, Roatta
si vedeva costretto a porsi sulla difensiva e, accantonate le operazioni combinate su vasta
scala, a ripiegare su azioni a carattere locale mirate a contenere l’avversario e a proteggere le
aree più sensibili. Le formazioni ribelli, infatti, si andavano rafforzando anche nella seconda
708 La “Cacciatori” era reduce dagli intensi cicli “Trio” e “Primavera”, mentre la “Re”, non si era ripre-
sa dalle dure battaglie dell’inverno 1941, dove aveva dovuto sostenere lunghi assedi e subire notevoli
perdite. Alcuni reparti erano costituiti interamente da militari che erano stati fatti prigionieri dai par-
tigiani ed in seguito liberati.
709 Particolare importanza assumeva la difesa dell’alta Erzegovina, quale antemurale del Montenegro e
all’epoca sostanzialmente pacificata grazie al contributo fondamentale di forti formazioni M.V.A.C.
Capitolo terzo

