Page 261 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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La 2 armata e Le operazioni di controguerrigLia in JugosLavia (1941-1943) 261
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era realmente militarizzato e politicizzato , un anno dopo, pur mantenendo una presenza
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in ogni regione, i migliori combattenti partigiani cominciarono a raccogliersi in un vero e
proprio esercito, organizzato prima in brigate e poi in divisioni nei santuari creati intorno a
Foca e successivamente a Bihac . L’esercito di Tito era molto inferiore numericamente alle
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milizie ustascia, domobrane e cetniche, ma poteva contare su un maggiore addestramento,
su una maggiore motivazione alimentata dall’ideologia comunista e su una efficiente catena
di comando centralizzata. I suoi reparti, estremamente mobili e sganciati da infrastrutture
logistiche territoriali, si concentravano al momento dell’azione in modo da soverchiare co-
stantemente, per numero e capacità offensiva, le milizie collaborazioniste che incontravano
sulla strada, riuscendo a mettere a mal partito anche reparti del Regio Esercito .
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Il regime ustascia e l’organizzazione cetnica, dovendo appoggiarsi alle potenze straniere
che avevano invaso e ridotto alla miseria il paese, si erano screditate nei confronti di un’o-
pinione pubblica che preferì dimenticare le differenze etniche e religiose per concorrere
alla guerra di liberazione. I reparti domobrani, formati da coscritti, si dimostrarono assolu-
tamente inaffidabili e difficilmente impiegabili sia nell’offensiva che nella difensiva per la
facilità con cui si sbandavano o disertavano in massa. Meglio si comportarono gli ustascia,
anche se le uniche formazioni di sicuro affidamento, e rispettate dai partigiani, furono
quelle della Crna Legija, meglio armate ed inquadrate. I cetnici erano organizzati in bande
a reclutamento locale adatte più alla difesa dei villaggi natii che a operazioni a largo raggio
ma, pur mostrandosi più aggressivi contro i musulmani ed i croati che contro i comunisti,
quando sostenuti dalla potenza di fuoco italiana seppero spesso imporsi alle bande partigia-
ne . La scarsa disciplina, l’armamento leggero, la mancanza di una struttura di comando
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centrale, la dispersione delle forze su vaste aree, le tecniche di combattimento legate più
alla controguerriglia che al combattimento convenzionale, indebolirono però nel tempo le
bande cetniche che nel 1943 non furono più in grado di tener testa all’avversario . Inoltre,
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sul piano psicologico e propagandistico i cetnici, pagarono a caro prezzo l’alleanza con gli
italiani, che mise in serio imbarazzo il governo in esilio, facilitando l’azione della propa-
ganda partigiana che li dipingeva quali traditori dell’ideale nazionale jugoslavo. Da parte
729 Il programma politico titino metteva alla pari ogni etnia e regione jugoslava, aveva quindi un potere
di aggregazione ben superiore ai progetti di Grande Serbia o Grande Croazia dei cetnici e degli usta-
scia.
730 Nel novembre 1942 si costituì l’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo alle dipendenze del Con-
siglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia, autoproclamatosi supremo organo rappre-
sentativo del paese e costituitosi in governo provvisorio sotto la guida di Josip Broz Tito.
731 Fino al settembre del 1943 Tito non ricevette aiuti concreti dal servizio informazioni britannico che
si limitò ad inviare missioni informative. Fino a quel momento infatti la Gran Bretagna considerò
Mihajlovic il suo principale alleato in Jugoslavia.
732 La capacità combattiva delle bande cetniche variava di molto in funzione dell’inquadramento, del re-
clutamento e del carisma del comandante.
733 Già alla fine del 1942 i comandi italiani avevano rilevato la scarsa compattezza del movimento cet-
nico, troppo dipendente dalla personalità dei capi banda e dalle zone di reclutamento, in Notiziario
politico militare n. 1, in data 15 gennaio 1943, Comando Superiore FF.AA. “Slovenia-Dalmazia” –
Ufficio Informazioni.

