Page 264 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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              La gestione dei campi era ripartita tra l’intendenza (Arbe, Gonars, Monigo, Renicci,
           Chiesanuova), e i Corpi d’Armata V (Buccari e Porto re), VI (Kupari, Mlini, Gravosa,
           Isola di Mezzo, Forte Mamula, Prevlaka) e XVIII (Isola di Lesina, Isola di Brazza, scoglio
           Calogerà) . Nel luglio 1943 gli internati erano scesi a 22.665, dei quali 4.550 a titolo
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           protettivo .
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              Contro le formazioni italiane divenute sempre più consistenti, allenate alle operazioni
           di controguerriglia e ben sostenute dal fuoco aereo e d’artiglieria, i partigiani erano costretti
           a cambiare organizzazione e criteri d’azione, con la trasformazione delle bande e degli odred
           in brigate e divisioni addestrate al combattimento convenzionale, con l’impiego di artiglie-
           rie e sistemi di collegamento, in grado di potersi confrontare anche in campo aperto con
           l’avversario. Era ormai chiaro il salto di qualità dell’organizzazione partigiana che si stava
           tramutando in esercito regolare, con organi logistici ed armi di sostegno, in grado di poter
           condurre complesse azioni manovrate con formazioni numerose. Purtroppo, queste indi-
           cazioni, come le altre informative del S.I.M. sul costante potenziamento delle formazioni
           partigiane , non furono tenute nella giusta considerazione nel febbraio 1943 dai comandi
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           di Supersloda e del VI Corpo d’Armata, permettendo a Tito di ottenere la sorpresa tattica
           e invadere l’Erzegovina .
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              Un altro elemento caratteristico della tattica partigiana era l’evitare di ancorarsi al ter-
           reno anche nei territori liberati dalla presenza delle forze dell’Asse. Ciò a cui si mirava non
           era la conquista di obiettivi territoriali da difendere dal ritorno avversario, ma la distruzione
           delle truppe occupanti e delle loro infrastrutture. Lo stesso Tito in un proclama alle truppe
           del febbraio 1943 rimarcò l’importanza di non cedere l’iniziativa al nemico e di svolgere
           continue azioni offensive.
              La sconfitta italo-tedesca a El Alamein e lo sbarco anglo-americano nell’Africa Set-



           739 Situazione internati civili alla data del 29 dicembre 1942, Comando Superiore FF.AA. “Slovenia-Dal-
              mazia” – Ufficio Ordinamento, 1° gennaio 1943. Altri 2.400 internati si trovavano nel campo dell’I-
              sola di Melada, gestito dal ministero dell’Interno.
           740 I campi d’internamento dipendenti dall’armata si erano ridotti a 10 (Buccari, Porto Re, Scoglio Calo-
              gerà, Arbe, Gonars, Visco, Monigo, Chiesanuova, Renicci e n. 83 di Fiume). Del totale degli interna-
              ti, gli attendati erano 2.173, il resto era alloggiato in baracche o accantonato. Altri internati jugoslavi
              furono rinchiusi nei campi di Tavernelle, Colfiorito, Ellera e Pietrafitta.
           741 “Nel quadro dell’attività organizzativa del “comando supremo dei partigiani” assume particolare ri-
              lievo la costituzione, avvenuta ancora nello scorso novembre, di un “esercito popolare di liberazione”
              e di grandi unità partigiane jugoslave, ordinate su due corpi d’armata e tre divisioni autonome (in
              totale otto divisioni), forti complessivamente di circa 30.000 uomini, pari circa alla metà delle forze
              partigiane che operano in Croazia” (La ribellione nello spazio ex-jugoslavo, in Albania e in Grecia, in
              Notiziario mensile stati esteri n. 2. Sguardo complessivo alla situazione politico militare del mese di feb-
              braio 1943, S.M.R.E. – Servizio Informazioni Esercito, 28 febbraio 1943).
           742 Nel Notiziario politico militare n. 67 del 15 novembre 1942 era riportato che: “L’attività organizza-
              tiva partigiana è in pieno sviluppo e tende a dare unità di direzione alle numerose formazioni sparse
              in tutto il territorio, raggruppandole sotto un comando unico che sarebbe stato affidato al noto capo
              “Tito”. La suddivisione del territorio in zone operative comprendenti reparti mobili d’assalto e per la
              difesa territoriale ha lo scopo di rendere più facile e spedita l’azione di comando”.

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