Page 361 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il contrIbuto della regIa aeronautIca 361
nostra cavalleria indigena e quindi, sicuro di non cadere in errore, batteva i nuclei che
maggiormente riconosceva ostacolare la nostra avanzata” . In tutto, senza subire perdite,
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furono portate a termine 267 sortite creando intorno alle cinque colonne agli ordini del
generale Alfredo Taranto un’efficace cornice di sicurezza e mantenendo i comandi costan-
temente aggiornati sulla situazione, provvedendo poi al trasporto da Bir Ghnem a Tripoli
di 12 feriti gravi .
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Nel mese di giugno le forze italiane, delle quali i battaglioni eritrei costituivano sempre
un’importante componente, occuparono Misurata e misero piede nel Gebel Tripolino. Il
possesso di questa regione collinosa a sud di Tripoli fu consolidato l’anno seguente, nel
segno di una sostanziale continuità tra il regime liberale e quello fascista, e nel febbraio del
1924, con l’occupazione dell’oasi di Gadames, a più di 500 chilometri dalla costa, venne
chiuso il confine con la Tunisia, interrompendo la principale via di alimentazione degli in-
sorti e dando un duro colpo alla ribellione. In giugno venne occupata Mizda, nella regione
pianeggiante della Ghibla, a sud del Gebel, ampliando l’area sotto controllo italiano fino
ai margini del deserto, e nel mese di novembre fu la volta di Sirte, eliminando l’ultimo
focolaio di rivolta nella parte più settentrionale della Tripolitania.
In questi cicli operativi, l’aviazione, con velivoli come lo SVA e il Caproni Ca.3, fu lo
strumento utilizzato per tenere costantemente sotto pressione le tribù ribelli, fornendo ai
comandi informazioni in tempo reale sulla situazione e impiegando la sua potenza di fuo-
co contro bersagli di ogni tipo. Una tale impostazione, che non lasciava spazio a scrupoli
di natura umanitaria, era la stessa che ritroviamo nelle altre campagne coloniali di quegli
anni e implicava l’impiego dei velivoli per attaccare sia i “denti” sia la “coda” degli insorti.
Venivano quindi bombardati e mitragliati non soltanto i gruppi di armati, ma anche il loro
“treno logistico” costituito da pastori e contadini, spesso anziani, donne e ragazzi, come
pure i campi coltivati, le greggi di pecore, le mandrie di cammelli, con l’obiettivo di privare
i ribelli di qualunque forma di supporto e sconvolgerne il sistema di vita. L’intimidire le
popolazioni rientrava a pieno titolo in questo schema, e con questo dichiarato intento il 12
maggio 1924 due Caproni della 12ª Squadriglia, oltre agli usuali spezzoni da 12 chilogram-
mi, lanciarono due bombe a gas sulla lontana oasi di el-Gheriat esc Scerghia, a sud di Beni
Ulid, e su greggi e cammelli nella stessa zona, più come monito per le irrequiete tribù della
regione che per ottenere risultati immediati. La quantità di aggressivo chimico che poteva
essere sparsa in questo modo era infatti limitata e le condizioni climatiche e ambientali non
erano le più favorevoli all’impiego di un tale tipo di armamento .
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908 luiGi BiaGini, Traccia riassuntiva di conferenza compilata dal maggiore Luigi Biagini del 1° Stormo Ae-
roplani da Ricognizione, op. cit., p. 11.
909 Ferdinando pedriali, L’aeronautica italiana nelle guerre coloniali. Libia 1911-1936, op. cit., p. 153.
910 Già nel 1919 l’impiego di un consistente quantitativo di proietti d’artiglieria caricati con fosgene era
stato escluso sulla base di considerazioni di natura tecnico-operativa. Il terreno, per lo più pianeg-
giante e privo di vegetazione favoriva infatti il rapido disperdersi dei gas sotto l’azione del vento e per
effetto delle alte temperature. I gas vescicanti, come l’iprite, potevano forse avere una maggiore vali-
dità, in quanto più persistenti, ma esperimenti successivi ne avrebbero confermato la limitata effica-
cia nelle particolari condizioni ambientali della colonia. (Diario Storico-Militare comando artiglieria

