Page 362 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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362 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
Questa prima fase della “riconquista” suggerì alcune considerazioni sull’impiego del
mezzo aereo che vennero condensate in diverse pubblicazioni a carattere non ufficiale te-
nendo conto anche di quanto fatto sempre in quegli anni da altre potenze coloniali. La
prima di queste è opera dell’allora maggiore Luigi Biagini, già comandante dell’aviazione
della Tripolitania nel 1921 e quindi buon conoscitore di quella realtà . I fattori da con-
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siderare erano le peculiari condizioni climatiche, l’assenza di contrasto aereo, la mancanza
di strutture industriali di supporto e l’inadeguatezza delle vie di comunicazione. In me-
rito al primo fattore, pioggia e nebbia erano un’eventualità rara, il che garantiva di solito
un’eccellente visibilità e moltiplicava il numero delle giornali utili per il volo, ma di contro
le alte temperature estive, la forte umidità delle notti e la sabbia impalpabile portata dal
vento mettevano a dura prova motori e cellule costruiti per altri climi e altri ambienti. Il
problema poteva essere tenuto sotto controllo ricoverando i velivoli in hangar e dedicando
cure particolari alla tela del rivestimento e al legno della struttura, ma la soluzione definitiva
si sarebbe avuta solo con l’entrata in servizio dei velivoli a struttura interamente metallica
all’epoca allo studio o in sperimentazione. L’assenza di contrasto, nel garantire il dominio
dell’aria, assicurava la più ampia libertà di manovra esaltando le potenzialità del mezzo
aereo la cui operatività poteva però essere condizionata dall’insufficienza della struttura
tecnico-logistica di supporto. L’idea di avere una dotazione di parti di ricambio tale da
permettere di far fronte a qualunque esigenza era da scartare perché non economicamente
sostenibile e, fatta salva la necessità di disporre sul posto dei ricambi più importanti e de-
licati, era invece opportuno poter contare su una o più officine sufficientemente attrezzate
per poter eseguire con i propri mezzi il maggior numero possibile di riparazioni e sopperire
così alle inevitabili difficoltà che avrebbe incontrato il servizio rifornimenti. L’ultimo fat-
tore da prendere in considerazione, la mancanza di vie di comunicazione, non era tanto
un problema quanto un’ulteriore opportunità di impiego per il mezzo aereo, in grado di
assicurare non solo il servizio postale, ma anche il trasporto di merci e di passeggeri.
In merito all’organizzazione da adottare, Biagini riteneva necessario rafforzare la strut-
tura esistente portandola a livello di gruppo con tre squadriglie, una da ricognizione, una
da bombardamento, con compiti anche di trasporto aereo, e una da bombardamento leg-
gero, oltre a una sezione dedicata al servizio sanitario per lo sgombero di feriti e malati, in
modo da poter coprire tutti i ruoli ipotizzabili, in funzione sia del supporto alle forze di
superficie sia della condotta di operazioni indipendenti, innanzitutto a carattere offensivo.
Per fronteggiare eventuali attacchi dei ribelli i campi dovevano essere organizzati a difesa
circondando le strutture di servizio, alloggi, hangar, officine, depositi e alloggi, con una
cintura di reticolati e postazioni per armi automatiche e per fucilieri, mentre la sicurezza
della pista di atterraggio doveva essere garantita con piccoli centri di fuoco distribuiti lungo
il suo perimetro e raccordati da reticolati, con una forza mobile di pronto intervento imper-
niata su qualche autoblindo. Hangar e depositi dovevano essere costruiti in modo da evitare
Tripolitania, 1919, AUSSME, fondo L-8, fascicolo 43).
911 luiGi BiaGini, Traccia riassuntiva di conferenza compilata dal maggiore Luigi Biagini del 1° Stormo Ae-
roplani da Ricognizione, op. cit.
Capitolo quarto

