Page 364 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           consapevolezza che in colonia anche un piccolo rovescio poteva avere gravi conseguenze per
           il suo impatto emotivo.
              Qualche anno dopo il maggiore Gian Mario Beltrami, in uno studio dedicato al ruolo
           dell’aeronautica nella guerra terrestre, avrebbe brevemente ripreso il tema dell’aviazione
           coloniale, formulando l’auspicio di poter disporre al più presto di velivoli costruiti intera-
           mente in metallo, più adatti di quelli in legno e tela ai forti sbalzi di temperatura, e sotto-
           lineando come in quello scenario, oltre alle missioni di ricognizione e di bombardamento,
           da condurre possibilmente con un unico tipo di velivolo a grande autonomia, avessero una
           grande importanza le cosiddette “missioni speciali”, trasporto e sgombero sanitario, che ve-
           devano il mezzo aereo sfruttare le sue caratteristiche in termini di velocità e raggio d’azione
           per sopperire alla lentezza delle comunicazioni di superficie, spesso poco sicure e a volte
           impossibili . Non c’era ancora una dottrina codificata in documenti ufficiali, e non ci sa-
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           rebbe mai stata, ma le linee guida per l’impiego dell’aviazione in operazioni di polizia colo-
           niale potevano dirsi sufficientemente chiare e gli eventi successivi lo avrebbero dimostrato.
              Con la porzione settentrionale della Tripolitania ormai sotto il pieno controllo italia-
           no, dopo quattro anni di sostanziale tregua, la lotta si riaccese nei primi giorni del 1928.
           Nel corso del 1927 il Ca.3 e lo SVA erano stati in larga misura sostituiti dal bombardiere
           bimotore Caproni Ca.73 e dal ricognitore monomotore biposto Romeo Ro.1, in grado di
           fornire prestazioni superiori in termini di capacità di carico e raggio d’azione e destinati il
           primo alla 12ª, il secondo all’89ª Squadriglia . Nei primi tre mesi del 1928, con l’azione
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           congiunta delle forze della Tripolitania e della Cirenaica, il confine militare fu spinto al
           “29° parallelo”, collegando le due colonie attraverso le desolate pianure della Sirte e occu-
           pando le oasi di Socna, Hon, Zella, Mrada, Augila e Gialo. Durante la primavera e l’estate
           venne completato il rastrellamento della regione, eliminando i nuclei di guerriglieri che mi-
           nacciavano le linee di comunicazione, e il 31 ottobre fu stroncato sul nascere un attacco in
           forze contro Hon, affidando poi all’aviazione il compito di martellare e disperdere i ribelli
           in ritirata. In queste operazioni si ebbe ancora l’impiego occasionale di bombe caricate con
           aggressivi chimici, soprattutto iprite, ma le armi più efficaci furono sempre le mitragliatrici
           e gli spezzoni.
              Nel gennaio del 1929 i due governatorati della Tripolitania e della Cirenaica furono ri-
           uniti nel governatorato della Libia, affidato al maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Almeno
           in Tripolitania la guerriglia aveva subito duri colpi e con l’indebolirsi della resistenza la via
           per il Fezzan era aperta. Al primo punto del programma del nuovo governatore figurava
           infatti la riconquista dell’intero territorio per non lasciare spazio di manovra alla guerriglia,
           facendo precedere l’azione militare da un’opera di penetrazione politica e di propaganda
           intesa a indurre alla sottomissione il maggior numero possibile di indecisi e di ribelli, e a


           912 Gian Mario BeltraMi, L’Aeronautica Militare e la guerra terrestre, Roma, Tipografia del Senato, 1926,
              pp. 86-87.
           913 Versione prodotta su licenza del Fokker C V-E, il Ro.1 era equipaggiato con un motore radiale Bri-
              stol Jupiter IV della potenza di 420 cv, costruito in Italia dalla Alfa Romeo, e con un carico di bom-
              be massimo di 210 kg poteva raggiungere i 206 km/h. Era armato con due mitragliatrici da 7,7 mm,
              una fissa in caccia a disposizione del pilota e una brandeggiabile manovrata dall’osservatore.

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