Page 375 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 375
Il contrIbuto della regIa aeronautIca 375
ancora a mantenere uno stato di allarme nella regione e a negarne il pieno controllo alle
forze italiane.
Per contrastare questa nuova tattica la regione venne divisa in cinque settori pattugliati
senza sosta da colonne altamente mobili di cavalleria e fanteria assistite dagli onnipresenti
Ro.1. Il Gebel fu poi svuotato della sua popolazione, trasferendone la parte ritenuta più af-
fidabile nelle pianure costiere e concentrando gli elementi notoriamente ostili, o comunque
collegati ai ribelli, in campi allestiti nella molto meno ospitale regione della Sirte, a sud del
Gebel e ai margini del deserto. Inoltre il confine egiziano fu sigillato con una compatta bar-
riera di filo spinato larga 10 metri, alta 1,60 e lunga 282 chilometri, dal golfo di Sollum alle
grandi dune a sud di Giarabub, pattugliata dalle forze mobili della zona militare di Tobruk
con il supporto della ricognizione aerea per impedire l’infiltrazione di armi e munizioni ed
eventuali tentativi di fuga oltre frontiera. Privata del supporto locale e tagliata fuori dalle
sue fonti di rifornimento, la rivolta aveva i giorni contati. In pochi mesi cessò qualsiasi
forma di resistenza, non senza ulteriori vittime tra gli insorti e tra le loro famiglie, oggetto
di una caccia spietata, e lo stesso Omar al-Mukhtar fu impiccato il 16 settembre 1931.
L’occupazione di Cufra
Mentre le operazioni di contro-insurrezione nel Gebel si avviavano all’inevitabile con-
clusione, furono avviati i preparativi per l’avanzata su Cufra, il gruppo di oasi nell’angolo
sudorientale della Libia che era l’ultima roccaforte dei senussi. Il più vicino avamposto
italiano era Gialo, dove si trovava anche il più vicino campo di manovra dell’aviazione della
Cirenaica. In linea con i metodi ormai consolidati di polizia coloniale, la prima mossa fu
un raid intimidatorio sull’oasi di Tazerbo, eseguito il 31 luglio 1930 da 4 Ro.1 guidati dal
tenente colonnello Lordi. Dopo circa tre ore di volo i biposto decollati da Gialo appar-
vero del tutto inattesi sui palmeti e sugli orti dell’oasi per sganciare 354 bombe del tipo
anti-personale, inclusi alcuni ordigni caricati con aggressivi chimici . Fu a tutti gli effetti
917
un’azione imperniata sull’uso dell’arma del terrore, e non a caso vi furono impiegate per
l’ultima volta delle armi chimiche, per la verità utilizzate piuttosto di rado in Libia, ma fu
anche una chiara dimostrazione della capacità degli equipaggi di padroneggiare i grandi
spazi del deserto con tecniche di navigazione basate sull’uso della bussola e sul calcolo della
distanza percorsa, dal momento che il terreno non dava la possibilità di aggiornare il dato
di posizione per la mancanza di punti di riferimento.
Dopo questa manifestazione di forza, alla fine di agosto venne deciso di allestire un
campo trampolino a Bir Zeghen, sul 25° parallelo 200 chilometri a sud di Gialo, sfruttando
917 I 4 Ro.1 sganciarono 12 bombe da 12 chilogrammi, 320 spezzoni da 2 chilogrammi e 24 bombe da
21 chilogrammi caricate con iprite. Queste ultime possono essere identificate con le granate da 162
mm tipo PDO (Piano d’Orte, dal nome della località dove venivano caricate), altrimenti conosciute
come “bombe F.Z. da 21”, in relazione al peso e alle lettere sull’involucro, entrate in produzione solo
dopo il termine della Grande Guerra, quando si ebbe una certa disponibilità di iprite.

