Page 376 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           il fondo compatto del serir, un tipo di terreno desertico la cui piatta monotonia è di quando
           in quando interrotta da qualche formazione rocciosa. Nel frattempo, nelle prime ore del
           mattino del 26 agosto, un orario scelto per evitare le foschie causate nelle ore centrali della
           giornata dall’intenso riscaldamento solare, 4 Ro.1 decollarono da un campo improvvisato
           allestito a lato della pista da Gialo per Bir Zeghen puntando su Cufra. Da non più di 1.000
           metri due biposto bombardarono l’oasi di et Tag e altri due quella di el Giof, rientrando
           quindi al campo di Bir Zeghen, dove li attendeva l’autocolonna di supporto, e facendo
           ritorno a Gialo il giorno dopo. Il serir permetteva ai velivoli di atterrare in prossimità dei re-
           parti motorizzati o cammellati, favorendo un elevato livello di integrazione dello strumento
           aeroterrestre anche in assenza di comunicazioni radio dirette. Il ritmo delle operazioni
           poteva rimanere molto alto e, non dovendo il velivolo rientrare al suo campo, era possibile
           sfruttarne al meglio il raggio d’azione.
              A ribadire che Cufra rimaneva un endemico focolaio di rivolta, il 22 ottobre un gruppo
           armato di un centinaio di uomini, con la consueta carovana di cammelli in supporto, ven-
           ne avvistato nei pressi di Sidi Mohamed, tra Gialo e Mrada, mentre si dirigeva a nord nel
           probabile intento di razziare le regioni già pacificate. Cinque Ro.1 furono subito rischierati
           ad Agedabia per tenerne sotto controllo i movimenti e i meharisti del 2° raggruppamento
           sahariano mossero dalla stessa località per intercettarlo sulla base delle indicazioni fornite
           dai velivoli. Per qualche giorno non accadde nulla, mentre i sahariani manovravano per ta-
           gliare la via della ritirata ai ribelli ignari della trappola che si stava preparando. Il 27 ottobre
           i 5 biposto furono trasferiti a Gialo, per essere più vicini al teatro dell’azione, e un’unità di
           autoblindo venne spostata da Agedabia ad Augila, per sfruttarne la mobilità e la potenza di
           fuoco sul serir, ma durante la notte il gruppo armato scoprì le peste dei “sahariani” e invertì
           la marcia per fuggire nell’immensità del deserto. Sempre inseguiti dai Ro.1, che di tanto
           in tanto si abbassavano a bombardarli e mitragliarli, gli insorti furono infine agganciati il
           31 ottobre a sud di Bir Zelten, su un terreno che però non era più il piatto serir e che nel
           frenare i movimenti dei sahariani e soprattutto delle autoblindo, ne impedì il totale annien-
           tamento. I piccoli gruppi che riuscirono a fuggire vennero braccati nel deserto per altri tre
           giorni, con i velivoli che guidavano le truppe sulle loro tracce, finché il 3 novembre, dopo
           un ultimo intervento a bassa quota dei Ro.1, l’inseguimento venne sospeso.
              La questione doveva essere risolta una volta per tutte, e il 10 novembre Graziani, già
           protagonista di primo piano delle campagne di contro-insurrezione in Tripolitania e nel
           Fezzan, fu convocato a Tripoli dove ebbe dal governatore Badoglio l’ordine di muovere al
           più presto contro Cufra. Era un’impresa senza precedenti, quel gruppo di oasi si trovava
           infatti a 900 chilometri dalla costa e dopo Gialo le truppe avrebbero potuto rifornirsi di ac-
           qua soltanto a Bir Zighen, a 400 chilometri da quell’avamposto e a 200 dal loro obiettivo.
              Nell’arco di un mese fu organizzato un dispositivo con una componente di terra che per
           l’ultimo balzo sarebbe stata costituita soltanto da truppe cammellate. A sud di Bir Zighen,
           infatti, i reparti motorizzati, chiamati comunque a sostenere dal punto di vista logistico
           la prima fase dell’operazione e ad allestire una base avanzata presso quel posto d’acqua,
           sarebbero stati fortemente rallentati dal deserto sabbioso, un mare di dune in alcuni punti
           del tutto impraticabile per i veicoli. Insieme a rifornimenti di ogni genere, gli autocarri


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