Page 378 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           ricognizioni fino a coprire l’area di Tazerbo. Questa oasi venne occupata l’11 gennaio dal-
           la colonna cammellata proveniente dalla Tripolitania e, quando l’indomani si trovarono
           riuniti a Bir Zighen i 23 velivoli previsti, tutto fu pronto per l’ultimo atto. Le due colon-
           ne ripresero l’avanzata il 14 gennaio, seguite dalle carovane delle loro salmerie, puntando
           verso le oasi di el Hauuari ed el Hauairi sempre con la copertura aerea assicurata dai Ro.1.
           I biposto fornirono ai comandi un quadro di situazione costantemente aggiornato e il 18
           gennaio prepararono il terreno per l’assalto finale con ripetute azioni di bombardamento
           sui palmeti dove si erano raccolti i difensori. L’indomani le due oasi furono prese d’assalto e
           i fuggitivi vennero braccati nel deserto dai Ro.1 per piegarne in modo definitivo qualunque
           residua volontà di resistenza. Le stesse scene si ripeterono il 20 gennaio, quando vennero
           investite le oasi di et Tag ed el Giof, e questa volta furono le piste verso il confine egiziano
           a essere segnate da una scia di corpi senza vita mentre i superstiti venivano catturati dai
           sahariani. Era la fine della Senussia e delle operazioni di contro-insurrezione in Libia. Gli
           ultimi fuochi si sarebbero spenti entro un anno, ponendo termine alla lunga e drammatica
           pagina della “riconquista”. Il contributo della Regia Aeronautica all’occupazione delle oasi
           di Cufra si può riassumere in 596 ore di volo, 10 tonnellate di bombe e circa 9.000 proiet-
           tili di mitragliatrice.



           Lezioni apprese e lezioni dimenticate

              Anche se non venne formalizzata una dottrina d’impiego del potere aereo nella contro-
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           insurrezione, alcuni principi furono chiaramente individuati . L’idea di base era che per
           annientare la volontà di combattere dell’avversario non vi dovesse essere alcuna limitazione
           nella scelta degli obiettivi, e ciò a maggior ragione nel caso di popolazioni considerate a un
           basso livello di civilizzazione e come tali incapaci di sostenere un martellamento prolun-
           gato. Il terrore era dunque una valida risposta alla guerriglia, non diversamente da quanto
           postulavano altre scuole di pensiero in materia di contro-insurrezione. Se si astrae da di-
           scutibili valutazioni basate su presunte caratteristiche razziali, queste conclusioni sono coe-
           renti con quanto afferma la ben più recente teoria dell’“interazione strategica” che propone
           una particolare interpretazione di quelle situazioni di confronto nelle quali i due avversari
           hanno caratteristiche intrinseche molto diverse e il rapporto di forze è molto sbilanciato.
           Secondo questa teoria la vittoria va inevitabilmente all’attore più forte quando l’approccio
           al confronto è simile dalle due parti, mentre il caso opposto favorisce l’attore più debole.
           Per giustificare questa affermazione le strategie possibili vengono raggruppate in due grandi
           categorie, strategie dirette, offensive e difensive, proprie del modello comportamentale de-
           gli eserciti regolari, e strategie indirette, categoria che comprende la guerriglia e la contro-
           insurrezione nelle loro diverse forme, anche le più estreme. Quando tra gli attori esiste
           un’asimmetria di fondo, l’interazione di due strategie della stessa categoria implica la scon-
           fitta del più debole. Il confronto armato arriverà rapidamente a una soluzione favorevole
           al più forte, rendendone irrilevanti le eventuali vulnerabilità sul piano politico, mentre se

           918 vincenzo Biani, aviazione coloniale, in “Rivista Aeronautica”, 1936, pp. 429-444.

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