Page 388 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 388
388 l’eserCito alla maCChia. Controguerriglia italiana 1860-1943
si trovava anche la 1ª squadriglia di Ro.1 della Somalia, e con la 9ª da Lugh Ferrandi. I 14
Ca.111 del reparto continuarono a martellare le posizioni dello Giabassiré e di Uadarà e
attivarono in agosto uno sbarramento a iprite su un punto di passaggio obbligato sul Ga-
nale Doria, sganciandovi nell’arco di più giorni 18 bombe del tipo C500T, per ostacolare
il trasferimento di forze tra i due settori. I due aeroporti, e in particolare quello di Lugh
Ferrandi, erano però troppo lontani dalla zona d’operazioni e per ovviare a questo incon-
veniente, anche in previsione della prevista avanzata nell’interno del Sidama, sul finire di
settembre fu attivato a Javello un nuovo campo di aviazione su cui venne rischierata la 9ª
squadriglia Ca.111 insieme a una sezione di Ro.1 della 1ª squadriglia della Somalia e a una
sezione di Ro.37 della 108ª proveniente da Mogadiscio.
A nord e a est di Addis Abeba la stagione delle piogge vedeva intanto l’aeronautica
sempre impegnata nel rifornire la capitale, a integrazione del flusso di mezzi e materiali
che poteva garantire la ferrovia di Gibuti, nel pattugliare questa stessa linea ferroviaria per
proteggerla dagli attacchi dei ribelli e nell’assicurare il necessario per vivere e operare ai
presidi scaglionati nei vasti territori conquistati e lungo la “strada imperiale” e la ferrovia,
fornendo nel caso il concorso di fuoco necessario. Spesso però i velivoli, anche quando
potevano decollare, dopo un paio d’ore erano costretti a rientrare per l’impossibilità di
raggiungere i loro obiettivi mentre la situazione sul terreno rischiava di precipitare con
conseguenze drammatiche. Nella prima settimana di settembre i 400 uomini del presidio
di Lalibelà, nel Lasta, furono attaccati all’improvviso dagli armati di uno dei figli di ras
Cassa, il degiac Uonduossen Cassa che in luglio, proprio a Lalibelà, si era incontrato con
il governatore dell’Amara, generale Alessandro Pirzio Biroli, facendo atto di sottomissione.
Una colonna di soccorso di 200 uomini, subito partita da Socotà, venne bloccata e circon-
data a Billabà Giorgis e per risolvere la crisi la mattina del 7 settembre Pirzio Biroli chiese
l’intervento dell’aeronautica telegrafando in questi termini al Comando Aeronautica AOI,
al cui vertice il 14 agosto il generale di squadra aerea Pietro Pinna era subentrato ad Ajmone
Cat: “Solo l’aviazione potrà salvare la situazione con una tempestiva opera di rifornimento
ai presidi per le vie dell’aria e con una decisa azione di bombardamento, spezzonamento e
mitragliamento sulle orde dei ribelli e sui paesi che li accolgono” . Nonostante il tempo
932
pessimo, entrarono subito in azione i Caproni Ca.111 del XXVIII gruppo dell’Asmara e
del XXVII di Dessié che nelle 55 sortite effettuate tra il 7 e il 12 settembre lanciarono ai re-
parti accerchiati 2.480 chilogrammi di viveri e 4.680 chilogrammi di munizioni, fornendo
un appoggio di fuoco che si concretizzò in 13.724 chilogrammi di bombe e 1.428 colpi di
mitragliatrice. Per effetto di questi interventi già la mattina del 9 settembre la pressione dei
ribelli cominciò a diminuire fino a cessare del tutto nella giornata del 12. Anche in questa
circostanza fu utilizzato un piccolo quantitativo di bombe caricate a iprite, precisato dai
diari storici in 10 ordigni del tipo C500T .
933
932 vincenzo lioy, L’aeronautica italiana nell’occupazione integrale e nel consolidamento dell’impero, in
“Rivista Aeronautica” 8/1937.
933 Ferdinando pedriali, L’aeronautica italiana nelle guerre coloniali. Africa Orientale Italiana 1936-
1940. Dalla proclamazione dell’Impero alla Seconda Guerra Mondiale, op. cit., p. 76.
Capitolo quarto

