Page 390 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           intensa fra Addis Abeba e Moggio e sulle posizioni dei monti Jerer e Zuqualà, dove nella
           seconda metà di ottobre in 113 sortite furono sganciati 6.834 ordigni di vario tipo, incluse
           18 bombe C500T all’iprite per creare fasce di sbarramento sulle possibili vie di ritirata.
           Nel contempo furono lanciati migliaia di manifestini per avvertire la popolazione delle
           rappresaglie a cui si esponeva dando appoggio ai ribelli. Questa azione di repressione aerea
           preparò la strada all’intervento della colonna del generale Mariotti, imperniata sulla IX
           brigata eritrea, che il 26 novembre inflisse una dura sconfitta alle bande di Ficre Mariam,
           rimasto ucciso nello scontro, allentando la pressione sulla ferrovia.
              Il tratto finale della “strada imperiale” nella regione dello Scioa era protetto alla fine
           di maggio dai battaglioni eritrei della II brigata del generale di brigata Ruggero Tracchia
           distribuiti tra le località di Coromasc, Ancober, Debra Brehan e Debra Sina con il compito
           di battere il territorio circostante con colonne mobili. Un mese dopo la loro azione, appog-
           giata di quando in quando dall’intervento di qualche isolato Ca.133 proveniente da Addis
           Abeba, non era ancora riuscita a permettere il transito in condizioni di sicurezza su quella
           vitale arteria dell’impero. Con l’arrivo delle grandi piogge, l’iniziativa era passata ai circa
           10.000 guerriglieri che in quel periodo operavano nello Scioa nelle formazioni agli ordini
           dei fratelli Cassa, di Abebé Aregai e del degiac Ficre Mariam, e i presidi di Debra Brehan e
           Debra Sina, accerchiati e isolati all’inizio di agosto, avevano potuto resistere per settimane
           grazie ai rifornimenti aerei e agli attacchi di alleggerimento sferrati dai velivoli contro gli
           assedianti. In queste operazioni si distinsero i Ro.37 delle squadriglie 103ª e 110ª di Las
           Addas, mentre i Ca.133 provvedevano al lancio di viveri e munizioni. I Caproni operavano
           giornalmente dalla lontana base di Dire Daua, distante 300-350 chilometri, e fino alla
           metà di ottobre lanciarono in 113 sortite 130 tonnellate di viveri e 9 di munizioni, oltre
           a 88.000 talleri. I Ca.133 del IV gruppo di Dire Daua appoggiarono anche l’azione della
           IX Brigata Eritrea, forte di sei battaglioni, che il 20 ottobre sbloccò Debra Sina, mentre
           il cerchio intorno a Debra Brehan era già stato rotto alla fine di settembre dalla colonna
           mobile del colonnello Gino Pucci da Filicaia, costituita da due battaglioni eritrei e da una
           banda irregolare. I successivi rastrellamenti condotti da reparti coloniali e di camicie nere
           permisero di riaprire al traffico la “strada imperiale”, sia pure solo ad autocolonne scortate,
           ricacciando quanto restava delle formazioni ribelli verso il Salalé.
              Sempre tra l’estate e l’autunno del 1936 si colloca un altro episodio significativo della
           situazione in Africa Orientale. Il 9 giugno, mentre sorvolava la valle del Minné, nella re-
           gione degli Arussi, per verificare la situazione delle piantagioni belghe di caffè della zona,
           un Ro.1 della 107ª squadriglia, pilotato dal sergente maggiore Ruffili con osservatore il
           capitano dell’esercito Giorgio Cannonieri, fu costretto dalla forte turbolenza a un atter-
           raggio di fortuna che si concluse con una rovinosa cappottata. I due aviatori, soccorsi da
           alcuni abitanti del luogo, raggiunsero la vicina fattoria di Tadessà, fino a quel momento
           risparmiata dai razziatori, ma la situazione rimaneva difficile per la presenza nella regione
           di forze etiopiche ancora in armi. Cannonieri, sfruttando l’ostilità della popolazione gal-
           la nei confronti dei dominatori amara, riuscì a organizzare una banda indigena con cui,
           nelle settimane successive, insieme al personale della piantagione e grazie all’intervento
           degli S.81 di Dire Daua e dei Ro.37 di Addis Abeba, riuscì a respingere i ripetuti attacchi


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