Page 391 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 391
Il contrIbuto della regIa aeronautIca 391
dei guerriglieri. L’improvvisata guarnigione fu rifornita per via area di viveri e munizioni
fino al 17 dicembre, quando la colonna del generale Cubeddu riuscì a rompere l’assedio.
I battaglioni libici ed eritrei di Cubeddu, insieme ai battaglioni eritrei di Mariotti, stavano
completando il ciclo operativo che li avrebbe portati a prendere il controllo della regione
degli Arussi e a estendere l’occupazione all’impervia regione che divide la vallata dell’Auasc
dall’alta valle dello Uabi, fino a quel momento utilizzata dagli insorti come area di raccolta
e base di partenza per gli attacchi alla ferrovia. L’indispensabile appoggio aereo era stato
assicurato dai velivoli di base a Giggiga, Dire Daua e Arbà, tutte località distanti dai 250
ai 300 chilometri dalla zona d’operazioni. Lo sforzo prodotto dalla Regia Aeronautica a
favore delle forze operanti negli Arussi e nelle vicine regioni del Cercer e del Garamullata
dal maggio del 1936 al marzo del 1937 può essere riassunto in 2.324 sortite per 6.084 ore
di volo durante le quali vennero lanciate 152 tonnellate di esplosivo, trasportate o lanciate
348 tonnellate di viveri e materiali e trasportate 1.456 persone.
La riorganizzazione dello strumento aereo
Nel periodo delle grandi piogge il personale di volo e di terra che aveva preso parte alla
prima fase della campagna culminata con l’entrata ad Addis Abeba fu gradatamente sosti-
tuito con personale proveniente dall’Italia. Superata la critica fase di adattamento ambien-
tale, i nuovi arrivati furono sottoposti a un razionale addestramento che, dopo una serie
di missioni effettuate come passeggeri sulle tratte principali, prevedeva alcune missioni di
lunga navigazione in territori sconosciuti e di non facile orientamento, utilizzando le tec-
niche del volo strumentale. Al tempo stesso si provvide a revisionare velivoli e motori e a
rimpiazzare quelli più logori con l’obiettivo di ripristinare l’efficienza bellica dei reparti in
previsione della ripresa delle operazioni. Con questa prospettiva vennero anche individuate
e attrezzate nuove basi aeree, tenendo conto della particolare situazione climatica di quelle
regioni. Località in apparenza ideali dovettero essere escluse perché le grandi piogge le tra-
sformarono in pantani e in altre, come a Javello, fu necessario abbattere non pochi alberi di
alto fusto per liberare il terreno, ma in nessun caso l’allestimento delle nuove basi fu facile,
anche per le enormi distanze che le separavano dalle vecchie.
A una distanza di 250-300 chilometri da Addis Abeba fu creata una corona di campi dai
quali era possibile convergere verso il centro dell’impero e nel contempo proiettare l’azione
dell’aeronautica verso la più lontana periferia. Il campo di Arbà, ad esempio, nella regione
dell’Auasc a meno di 200 chilometri da Addis Abeba, oltre ad alleggerire la pressione sulla
base di Dire Daua per i rifornimenti alla capitale e ai presidi di Debra Sina e Debra Brehan,
ebbe un ruolo fondamentale, insieme a quello di Las Addas, nell’attività di controguerriglia
nella regione e nella sorveglianza della ferrovia, fornendo poi un contributo determinante
per il successo delle operazioni di polizia coloniale nelle zone del Cercer e degli Arussi. Lo
schema vedeva dunque basi periferiche, a contatto diretto con i porti di sbarco in Eritrea e
Somalia, e basi centrali, dalle quali l’arma aerea poteva irradiare la sua azione nelle diverse
regioni dell’impero. A infittire lo schieramento provvedevano le basi di terza categoria e
i campi di fortuna, collocati di solito lungo le linee ideali che univano le basi periferiche

