Page 403 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il contrIbuto della regIa aeronautIca           403

              maggiore Delio Vecchi, a ipotizzare negli stessi termini l’impiego di reparti di paracadutisti
              quale forza di pronto intervento per il controllo del territorio, e proprio mentre in Africa
              Orientale queste idee cominciano a trovare attuazione .
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                 Nell’estate del 1936 gli italiani temevano che sull’ovest etiopico, approfittando del tem-
              poraneo vuoto di potere, potesse allungarsi l’ombra della Gran Bretagna alla quale il Negus
              Menelik aveva concesso nel 1902 l’autorizzazione a impiantare a Gambela una stazione
              commerciale, con relativo ufficio doganale per il Sudan. Inoltre a Gore, capoluogo dell’Ilù
              Babor, si era insediato un governo provvisorio retto da Uolde Tzadik, già presidente del
              Senato, la cui autorità era stata riconosciuta dal console britannico di Gambela, il capitano
              Esme Nourse Erskine, in contatto con Hailé Selassié. Per risolvere questa situazione, e
              troncare un intreccio di trame potenzialmente molto pericoloso, fu organizzato l’invio per
              via aerea a Lekemti di una piccola spedizione guidata dal generale di brigata aerea Vincen-
              zo Magliocco con l’obiettivo di affermarvi l’autorità dell’Italia e organizzarvi le bande del
              degiac Haptemariam, apparentemente ben disposto verso gli italiani. Il mattino del 26 giu-
              gno in un campo d’atterraggio preparato dagli uomini del degiac a Bonaia, a una ventina
              di chilometri da Lekemti, atterrarono così 2 Ca.133 e 1 Ro.1 decollati un paio d’ore prima
              da Addis Abeba con a bordo oltre a Magliocco, il colonnello dell’esercito Mario Calderi-
              ni, il maggiore pilota medaglia d’oro Antonio Locatelli, 8 aviatori, 2 interpreti e 2 vecchi
              conoscenti di Haptemariam, l’ingegnere Adolfo Prasso e padre Mario Borello, dei missio-
              nari della Consolata. I primi contatti con il dignitario etiopico sembrarono confermare le
              aspettative ma il sopraggiungere della notte obbligò la missione a pernottare sul campo
              d’atterraggio, confidando nella protezione di una piccola scorta armata inviata dal degiac.
              Questa però non intervenne quando poco prima dell’alba 150 armati di ras Immirù, fra
              cui gli allievi della scuola ufficiali di Oletta, assalirono il campo trucidando gli italiani e
              dando alle fiamme i velivoli. Per puro caso sfuggì all’imboscata padre Borello, decorato poi
              di medaglia d’oro, che riuscì a far pervenire al viceré la notizia dell’accaduto e nei mesi di
              luglio, agosto e settembre intensificò i contatti con i capi galla in preparazione a un nuovo
              e più deciso tentativo di aviosbarco.
                 Durante il periodo delle grandi piogge anche ras Immirù provvedeva a organizzare i nu-
              merosi sbandati di etnia amara per contrastare un prevedibile ritorno in forze degli italiani,
              sviluppando nel frattempo un’intensa azione di propaganda facilitata dalla circostanza che
              l’allagamento dei campi dello Scioa e del Goggiam impediva ogni attività aerea sulla regio-
              ne, dando concretezza alle voci sulle presunte difficoltà degli invasori. In questa situazione
              la popolazione galla, pur essendo molto ben disposta verso gli italiani e ostile agli amara,
              rimaneva titubante per il timore di rappresaglie da parte degli armati di ras Immirù e c’era
              la concreta possibilità che con il tempo avrebbe finito per schierarsi dalla sua parte. Era
              dunque necessario fare presto, cosa impossibile se si fosse aspettato che Lekemti, distante
              alcune centinaia di chilometri da Addis Abeba, venisse raggiunta via terra.
                 Appena le condizioni atmosferiche lo permisero, il 2 ottobre il colonnello Umberto
              Baistrocchi atterrò con un Ro.37 a Bonaia, prendendo contatto con padre Borello e con


              939 D. vecchi, Il controllo aereo dell’Abissinia, in “Rivista Aeronautica” 10/1936, pp. 1-9.
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