Page 405 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il contrIbuto della regIa aeronautIca 405
Conclusioni
In Africa Orientale, come è stato osservato, la cooperazione tra esercito e aeronautica
funzionò a dovere perché il comando era unificato e si appoggiava a un efficiente sistema di
comunicazioni, permettendo di sfruttare la superiorità assicurata dall’uso incontrastato del
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potere aereo in una guerra di movimento . Questo schema, che riproponeva soluzioni già
attuate in Libia nell’ultima fase della riconquista, non venne però ulteriormente sviluppato
e rimase relegato all’ambito coloniale, proprio perché in contrasto con il dogma assolu-
to dell’autonomia e dell’indipendenza dell’aeronautica. Le conseguenze si sarebbero viste
durante l’ormai imminente conflitto mondiale, in cui il problema dell’aerocooperazione
non ebbe mai una risposta efficace, lasciando nel vago il problema del controllo tattico
dei reparti aerei chiamati ad agire a supporto dell’esercito. Del resto nell’ambito dell’arma
azzurra era vivo il timore di trasformare l’aeronautica in un’appendice dell’esercito, snatu-
randone il ruolo, il che spiega il giudizio non propriamente positivo che di quelle vicende
avrebbe dato a distanza di tempo il generale di squadra aerea Francesco Pricolo, destinato a
ricoprire l’incarico di capo di stato maggiore della Regia Aeronautica tra il 1939 e il 1941:
“…in Abissinia come in Spagna, l’Aeronautica, pur conservando una parvenza di autono-
mia, è sempre stata messa alle dirette e complete dipendenze dei Comandi dell’Esercito,
i quali, per abito mentale o anche per contingenze superiori forse alla loro stessa volontà,
hanno sistematicamente impiegato l’Aviazione soltanto o principalmente nelle numerosis-
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sime attività rivolte a immediato e diretto vantaggio delle truppe terrestri” . In termini
decisamente più entusiastici si era espresso nel 1937 Lioy, sottolineando nel caratteristico
linguaggio dell’epoca il carattere innovativo che ne aveva improntato l’azione durante il
primo ciclo operativo di grande polizia: “Il fattore Aeronautica pertanto dette alla campa-
gna un carattere inconfondibile e permeò profondamente di sé tutti i complessi settori della
gigantesca impresa. Valorizzando al massimo le sue possibilità militari e tecniche, mentre
ottenne risultati impensati e schiuse il varco a concezioni d’impiego innovatrici, di cui cer-
tamente si avvarrà l’arte militare in genere, l’Aeronautica italiana nella campagna etiopica
fece anche la sua larghissima esperienza bellica e logistica, e saggiò nella realtà bellica la
bontà dei suoi ordinamenti e della sua anima guerriera” . A impedire di sfruttare al meglio
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questa esperienza, oltre a una resistenza di natura “culturale”, contribuì in misura determi-
nante l’incapacità di adeguare lo strumento ai progressi della tecnologia aeronautica delle
seconda metà degli anni Trenta, con conseguenze che si sarebbero viste proprio in Africa
Orientale dove velivoli come i Caproni, dopo aver dato ottima prova in un contesto di
polizia coloniale, si sarebbero dimostrati del tutto superati in un confronto che richiedeva
altre forme di esercizio del potere aereo.
940 roBerto Gentilli, L’aeronautica in Libia e in Etiopia, in L’aeronautica italiana. Una storia del Nove-
cento (a cura di Paolo Ferrari), Milano, Franco Angeli Storia, 2004, pp. 318-320.
941 FranceSco pricolo, La Regia Aeronautica nella Seconda Guerra Mondiale 1939-1941, Milano, Lon-
ganesi, 1971, pp. 29-30.
942 vincenzo lioy, L’aeronautica italiana nell’occupazione integrale e nel consolidamento dell’impero, op.
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