Page 443 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il contrIbuto della regIa aeronautIca 443
fu invece soddisfacente il collegamento terra-bordo-terra che in più occasioni permise di
orientare al meglio l’azione dei velivoli a favore dei presidi accerchiati, ovviando all’interru-
zione delle comunicazioni telefoniche tra questi e i loro comandi di grande unità.
Se il mese di febbraio aveva fatto registrare un picco dell’attività, in marzo questo li-
vello fu addirittura superato, con non meno di 665 sortite e 870 ore di volo, anche se la
percentuale delle missioni a carattere offensivo scese dal 70 al 58 per cento a vantaggio di
quelle di ricognizione e collegamento, passate dal 26 al 34 per cento, e di aerorifornimento,
salite dal 4 all’8 per cento. In uno scenario a elevata dinamica l’esigenza primaria era quella
di localizzare l’avversario e indovinarne le intenzioni, da cui il moltiplicarsi delle missioni
di ricognizione. Le formazioni di Tito, dopo aver cercato invano un varco verso nordest,
puntarono a sudest attraversando la Neretva nei pressi di Jablanica tra il 7 e il 15 marzo per
raccogliersi tra la Bosnia orientale e il Montenegro nell’impervia regione del Monte Dur-
mitor. Le perdite erano state pesanti ma il nucleo operativo principale era sfuggito all’an-
nientamento e poteva ancora schierare 15.000 combattenti. La situazione era comunque
tanto grave che in quei giorni Tito cercò di raggiungere un accordo con i tedeschi, ai quali
in cambio del riconoscimento di combattenti legittimi per i suoi uomini avrebbe offerto di
concentrare i suoi sforzi contro i cetnici. Le trattative non furono condotte fino in fondo
per il veto di Hitler, ma è un fatto che per un paio di mesi la pressione tedesca si allentò e
a combattere i partigiani nel loro nuovo rifugio montano rimasero italiani e cetnici 1003 . Era
una situazione che non dispiaceva a nessuna delle due parti: i tedeschi vedevano con favore
le due componenti della guerriglia logorarsi fra loro e Tito aveva l’opportunità di infliggere
un duro colpo al movimento nazionalista. In un tale contesto, su richiesta del VI Corpo
d’Armata, i reparti degli aeroraggruppamenti di Zara e soprattutto di Mostar intervennero
con missioni di ricognizione e di attacco al suolo nei combattimenti sul medio corso della
Neretva, appoggiando le bande M.V.A.C. nella riconquista di Nevesinje e incalzando poi le
colonne in ritirata verso il Montenegro. Molto efficaci furono le azioni di mitragliamento a
bassa quota dei CR.42 della 383ª squadriglia autonoma caccia e assalto, costituita in quei
giorni a Zara sulla base del preesistente nucleo caccia, ma tutti i reparti ottennero buoni
risultati grazie al fatto che le formazioni titine erano costrette a percorrere itinerari obbligati
in zone che offrivano poca copertura.
Le stesse squadriglie intervennero anche lungo la fascia costiera da Gradac a Makarska
e a copertura dei movimenti in atto nella Lika, dove le truppe italiane stavano lasciando le
loro posizioni a quelle croate, nel quadro di una riduzione dell’area di responsabilità della
2ª Armata con il ritiro dalle zone più interne e dal tratto di costa assegnato alla Croazia. I
reparti aerei di stanza ad Altura di Pola agirono invece contro le aree di concentramento
degli insorti tra Metlika e Ribnika, in Slovenia, con bombardamenti preceduti dal lancio di
manifestini che invitavano alla resa, e per assicurare la sorveglianza e la protezione della fer-
rovia Delnice-Ogulin-Plaski e degli itinerari stradali Delnice-Ravna Gora e Sussak-Gerovo-
Boslika Loka nel settore del V Corpo d’Armata, intervenendo più volte d’iniziativa contro
1003 Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio Storico, Le operazioni delle unità italiane in Jugoslavia (1941-
1943), Roma, 1978, pp. 217-218.

