Page 485 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 485
Appendice 1. LA storiogrAfiA miLitAre suL grAnde brigAntAggio post-unitArio 485
sari, non fu coordinata con una parallela azione preventiva “per aiutare gli indigenti, per
aprire scuole, per sorreggere il clero, completare i lavori pubblici d’immediata utilità” ,
62
inoltre fu commesso l’errore di sciogliere immediatamente l’esercito borbonico, lascian-
do senza sostentamento moltissimi sottufficiali e truppa napoletani che alimentarono il
brigantaggio. Le prime bande erano formate quasi tutte da ex militari borbonici. Cesari
distinse nel brigantaggio post-unitario due forme: quello politico e quello criminale, il
primo “scoppiò subito nel 1860, durante il periodo in cui la corte borbonica era chiusa
in Gaeta e perdurò fino al 1863”, il secondo “ebbe un momento di contemporaneità al
precedente, fra il 1862 e il 1863, poi si protrasse per alcuni anni fino a scomparire, con
l’unificazione d’Italia nel 1870”.
Cesari, in due capitoli , affrontava il discorso legato al ruolo centrale avuto dal legitti-
63
mismo borbonico e internazionale e dal Papa nel fomentare il brigantaggio. Ricostruiva le
trame della corte di Francesco II a Palazzo Farnese e quelle della consorte, la regina Maria
Sofia di Baviera, sottolineava l’appoggio sfacciato del pontefice romano, perlomeno fino al
1865, e di alcuni paesi cattolici (Spagna, Francia e Austria) alla causa dei deposti re napo-
letani, ricordava il ruolo dei legittimisti stranieri , tra i quali spiccavano i generali carlisti
64
spagnoli Borjes e Tristany. Per quanto riguarda questi ultimi, l’autore, nel condannare sto-
ricamente il principio del legittimismo , notava quanto fosse mancata una direzione unica
65
nel brigantaggio meridionale legittimista e una figura carismatica di un capo, magari della
stessa casata deposta, che avrebbe potuto rappresentare la tradizione secolare della causa
borbonica .
66
Del resto il brigantaggio fin dall’inizio ebbe l’appoggio delle popolazioni rurali e delle
autorità locali che controllavano le amministrazioni comunali. Di fronte a quella diffici-
62 Ibid., p. 9.
63 “Cap. III. La corte di Napoli - la regina Maria Sofia- Gli avvenimenti di Gaeta - i legittimisti (Tristany-
Borges- De Christen ecc.) - i generali Vial e Clary e i loro piani di reazione-indirizzi reazionari; Cap. IV.
L’opera del governo pontificio prima e dopo il 1865- le autorità militari francesi a Roma e le loro relazioni
colle autorità italiane di frontiera”.
64 Il Cesari nella ricostruzione dei vari tentativi della corte borbonica di organizzare insurrezioni e spe-
dizioni militari nelle provincie napoletane con l’ausilio di elementi del legittimismo straniero non fu
sempre attendibile. Per esempio riguardo all’episodio di un tentativo di occupazione delle Tremiti, nel
maggio 1863, con un colpo di mano diretto da una banda di insorti proveniente da Valona, l’autore
affermava che 2 compagnie del 13° Reggimento fanteria, imbarcate sopra un vapore di guerra inter-
cettarono la nave ottomana, catturando i componenti della banda (p. 27). Quella cattura, come ha
notato Albonico (aldo AlBonico, La mobilitazione legittimista contro il Regno d’Italia: la Spagna e il
brigantaggio post-unitario, Milano, Giuffrè 1979, p. 219 n. 243), non ha trovato riscontro nelle fonti
documentarie, mentre documentazione sui preparativi di un colpo di mano sulle Isole Tremiti, con-
dotto da bande provenienti dall’Albania e Corfù è conservata nell’Archivio dell’Ufficio Storico, cfr.
auSSMe, Fondo G-13, Carteggio confidenziale del ministro, busta 2, fascicolo 78, “pratica 65. Prepara-
tivi di Vallona, Albania per spedizione briganti” 1863 mag. 1-6.
65 c. ceSari, Il Brigantaggio e l’opera dell’esercito italiano, op. cit., p. 19. “Idea che poggiava quasi esclu-
sivamente sul ripristino di un governo assoluto, basato sull’ignoranza dei sudditi, mantenuti di pro-
posito nella misera per esaltare un’aristocrazia imperante”.
66 Ibidem, p. 43.