Page 487 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Appendice 1. LA storiogrAfiA miLitAre suL grAnde brigAntAggio post-unitArio  487

              dei ceti artigiani e rurali verso il nuovo stato unitario .
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                 Nei capitoli successivi, Cesari, analizzando gli aspetti più propriamente militari, rico-
              struiva le principali vicende del brigantaggio, che ripartiva, secondo uno schema, utiliz-
              zato poi da altri studiosi di storia militare, in tre fasi, determinate dal tipo di guerriglia e
              controguerriglia . Secondo questo schema, la prima fase si estese a tutto il 1861 ed ebbe
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              un carattere essenzialmente militare, era il proseguimento della campagna del 1860-1861
              contro le truppe regolari borboniche. La seconda, durata dal 1862 al 1866, fu caratterizzata
              dall’applicazione delle Legge Pica, l’aumento dei contingenti nell’Italia meridionale e la
              costituzione di una fitta rete di comandi territoriali con funzioni di lotta al brigantaggio.
              Questa seconda fase ebbe “forme e caratteristiche di un servizio, per quanto eccezionale,
              di pubblica sicurezza”. La terza, quella conclusiva, dal 1866 al 1870, “non fu che uno stra-
              scico” del precedente servizio di pubblica sicurezza, posto però alle esclusive dipendenze
              dell’amministrazione civile (interni e grazia e giustizia), “come un sistema di distaccamenti
              ordinari, maggiormente frequenti e rinforzati, per la tutela dell’ordine pubblico”.
                 Cesari dedicava un capitolo intero della sua opera alla tattica di guerriglia utilizzata dai
              briganti. Essi assalivano sempre le colonne militari isolate, con una scarica improvvisa di
              fucileria su un fianco della colonna stessa, in modo tale da creare scompiglio tra le file. La
              truppa, quindi, era obbligata a far fronte dalla parte dell’attacco e “così impegnata, veniva
              distratta dall’attendere ad altre direzioni nella quali si compiva l’operazione principale o
              si guidava a fondo l’attacco decisivo.”  Praticissimi dei posti, sceglievano di preferenza il
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              campo di battaglia, dove il terreno permetteva, in caso d’insuccesso, una sicura ritirata e
              rendeva difficilissimo per le truppe regolari inseguirli. Utilizzavano una fitta rete d’infor-
              matori disponibili in tutti gli ambienti sociali, soprattutto pastori e contadini, i “manu-
              tengoli”, com’erano chiamati allora, che gli permettevano di conoscere preventivamente
              la dislocazione e gli spostamenti delle truppe. Del resto, per lo meno nel primo periodo,
              l’appoggio dato ai briganti dalle popolazioni rurali fu quasi incondizionato, “fecero in ta-
              luni centri, ben presto e con gravissimo danno, causa comune con le bande”  soprattutto
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              nel 1861, mentre già nel 1864-1865 “le popolazioni stanche di rapine, di mancata sicu-
              rezza nelle comunicazioni, cominciavano a plaudire all’opera delle autorità e delle truppe”.
              Cesari ci ha lasciato una panoramica generale sulle principali bande e i più importanti capi
              del brigantaggio meridionale post-unitario, inquadrandoli nella regione dove operavano
              e descrivendo la loro azione secondo lo schema delle tre fasi in cui aveva precedentemen-
              te inquadrato le vicende del brigantaggio . Tra i principali capi, secondo lui, spiccavano
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              Chiavone e Crocco. Sul primo, Luigi Alonzi detto appunto Chiavone , il giudizio del
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              Cesari non fu troppo lusinghiero, in quanto non lo ritenne un vero capo guerrigliero, ma


              73  Ibid., pp. 74-75. L’orientamento filo garibaldino di Cesari è qui evidente.
              74  Ibid., pp. 81-82.
              75  Ibid., p. 122.
              76  Ibid., p. 121.
              77  Ibid., pp. 86-121.
              78  Ibid., pp. 101-109.
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