Page 490 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           luoghi più battuti dai briganti con frequenti e forti colonne mobili”, egli riuscì a debellare
           completamente i resti della guerriglia.
              Cesari, secondo la tradizione storico-militare ufficiale, terminava Il Brigantaggio e l’ope-
           ra dell’Esercito italiano dal 1860-1870, presentando i dati relativi alle perdite, alla forza im-
           piegata e alle onorificenze concesse. Riguardo alle perdite, a differenza del capitano Massa
           che riportava la cifra di 530 caduti per tutto il periodo della campagna, Cesari fornì i dati
           solo per il periodo dal maggio 1861 al febbraio 1863, riportando la cifra di 315 caduti,
           80 feriti e 24 prigionieri tra sottufficiali e truppa . Riguardo invece alla forza impiegata,
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           forniva delle cifre complessive per tutto il periodo della repressione del brigantaggio, af-
           fermando che “il massimo sforzo composto nel 1863 fu valutato in cifra tonda, comprese
           tutte le armi e le guardie nazionali in 90.000 uomini” , cifra che si ridusse progressiva-
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           mente a circa 40.000 uomini verso la fine del 1865 e ancora di più successivamente. Infine
           riguardo alle onorificenze, il Cesari dava dei dati molto precisi  ma nello stesso tempo, con
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           una certa vena polemica, ammetteva che per scelte politiche del governo, che considerava
           quella guerra “una piaga interna della nazione”, le ricompense concesse erano poche in
           proporzione alle forze impegnate e alla durata della campagna, così com’era avvenuto per
           l’Aspromonte e per Adua. Nell’opera forniva anche alcuni dati parziali relativi alle perdite
           in campo avverso, per la Basilicata tra il 1861 e 1862 stimava che trovarono la morte 1.231
           briganti e 2.808 furono arrestati . Per Cesari comunque l’Esercito “rappresentò in quei
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           dieci anni di lotta il solo elemento unificatore [...] di fronte al quale le critiche meschine
           perdono ogni valore sostanziale” , comprese quelle relative alla tremenda rappresaglia sca-
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           tenata contro il paese di Pontelandolfo, dopo il massacro del distaccamento del 36° Reggi-
           mento fanteria, in quanto “la ferocia e la gravità del fatto le giustificarono” .
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              Il Cesari ritornò sulla questione del brigantaggio post-unitario, in modo molto più
           sintetico, in altre tre sue pubblicazioni: nella monografia L’assedio di Gaeta, in una risposta
           ai lettori nel “Bollettino dell’Ufficio Storico” del 1929 e in una voce dell’Almanacco delle
           forze armate del 1931. La monografia, L’assedio di Gaeta e gli avvenimenti militari del 1860-
           1861 nell’Italia meridionale , edita dallo stesso Ufficio Storico nel 1926, rappresentò la
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           relazione ufficiale dello Stato Maggiore che completava la campagna del 1860-1861 svolta


           91  Ibid.,, p. 141.
           92  Ibid., pp. 166-167. Il Cesari affermava che “la media annuale numerica di tali truppe non può quindi
              stabilirsi che in linea approssimativa per una presenza di 40 a 50 mili uomini” (p. 167).
           93  Ibid, pp. 167-174. “Per il brigantaggio furono concesse: 4 medaglie d’oro, 2375 medaglie d’argento
              5012 menzioni onorevoli”.
           94  Ibid., p. 117.
           95  Ibid., p. 86.
           96  Ibid., p. 113: “La repressione e la punizione inflitta dal Negri al paese furono esemplari, molte case
              vennero incendiate, innumerevoli furono gli arresti. Tuttavia la ferocia e la gravità del fatto le giusti-
              ficarono”.
           97  MiniStero della Guerra - Stato MaGGiore r. eSercito, L’Assedio di Gaeta e gli avvenimenti militari
              del 1860-1861 nell’Italia meridionale, Roma, 1926 (ristampa anastatica 2010). Nella seconda pagina
              è scritto “attese a questo studio e compilò questa relazione il colonnello Cesare Cesari”.
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