Page 493 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
P. 493
Appendice 1. LA storiogrAfiA miLitAre suL grAnde brigAntAggio post-unitArio 493
Regno delle Due Sicilie . Nell’opera, il brigantaggio veniva considerato l’ultimo tentativo
111
militare della dinastia borbonica per recuperare il trono perduto. Il “brigantaggio politico
borbonico finiva - secondo l’autore - nel 1865”, sopravvivendo in seguito come “malan-
drinaggio comune” , ma fino a quell’anno andava considerato come un’appendice della
112
campagna del 1860-1861 per l’annessione delle provincie meridionali. Battaglini, larga-
mente debitore del Cesari per gli aspetti militari del fenomeno, ma che tenne conto della
113
storiografia borbonica , e, presumibilmente, a conoscenza degli studi del Lucarelli , con-
114
115
siderava il brigantaggio come una vera e propria guerra civile. In quel conflitto, gli italiani
si trovarono “per l’ultima volta nella Storia, gli uni contro gli altri armati e combattenti,
111 t. BattaGlini, Il Crollo militare del Regno delle Due Sicilie, Modena, Società tipografica modenese,
1938 (Vol. I, Dalla catastrofe siciliana al Volturno; Vol. II, Da Gaeta al Brigantaggio politico). Il lavoro,
come spiegava lo stesso autore nella prefazione, era stato già pubblicato, con il titolo fine di un eser-
cito, a puntate, dal 1913 al 1915, nella “Rivista militare italiana”. Per gli aspetti propriamente tattici
e ordinativi il Battaglini, per sua stessa ammissione, fu largamente debitore del Cesari.
112 t. BattaGlini, Il Crollo militare del Regno delle Due Sicilie, Vol. II, Da Gaeta al Brigantaggio politico,
op. cit., p. 168.
113 Battaglini riportava le cifre già indicate dal Cesari riguardo alle perdite, per l’esercito conferma il nu-
mero di 315 caduti per il 1861-1863 (t. BattaGlini, Il Crollo militare del Regno delle Due Sicilie, Vol.
II, Da Gaeta al Brigantaggio politico, op. cit., p. 165), per quanto riguarda i briganti .
114 Ibidem, Vol. I, premessa, pp. 3-5. Battaglini ci ha lasciato un quadro sintetico, ma completo nella sua
premessa. Egli divide la storiografia borbonica, nel 1860-1861, in tre categorie. La prima era rappre-
sentata dagli ufficiali e funzionari che ebbero l’incarico di redigere rapporti e diari ufficiali degli av-
venimenti come i fratelli Quandel, Giovanni delli Franci e Luigi Gaeta, il marchese Girolamo Ulloa.
La seconda fu rappresentata dai comandanti borbonici del periodo che lasciarono soprattutto delle
autodifese sul loro operato, come il maresciallo Ritucci, i generali Palmieri, Morisani, Quandel-Vial.
L’ultima categoria era rappresentata dagli storici borbonici che, “pur riproducendo documenti e da-
ti ufficiali, sono nell’esposizione dei fatti e nel giudizio settari” come Giacinto De Sivo, Carlo Corsi,
Tommaso Cava e il cappellano Giuseppe Buttà. Il quadro risulta quanto mai attuale in considerazio-
ne della attuale pubblicistica neoborbonica, e non solo quella, che attinge a piene mani alle opere di
quest’ultima categoria di storici borbonici.
115 a. lucarelli, Il brigantaggio politico delle Puglie dopo il 1860: il sergente Romano, Bari, Laterza, 1946
(1ª edizione 1922). Questo lavoro, basato sulla consultazione di una mole documentaria gigantesca,
conservata nell’Archivio di stato di Bari e negli archivi comunali e provinciali della provincia di Bari
e altri Comuni della Puglia, benché non avesse affrontato negli aspetti propriamente storico-militari
il Brigantaggio, è un grande affresco dello scontro politico-sociale in terra di Bari nel periodo dell’u-
nificazione e immediatamente dopo. Attraverso la ricostruzione delle gesta del brigante Romano, ex
sergente borbonico, il brigantaggio visto, secondo la tradizione storiografica liberale, come un feno-
meno di reazione, alimentato dai Borboni che sapientemente utilizzano le masse rurali, sfruttate dai
rapaci ceti terrieri locali, i famigerati galantuomini, assunse in Lucarelli la dimensione di una guerra
civile ”durante la quale si annoverarono 1000 fucilati, 2500 caduti sul campo nella lotta fratricida e
circa 3000 condannati alla prigionia”. La reazione nel 1861 fu battuta nei centri cittadini, la rivolta
di Gioia del Colle 28 luglio di quell’anno fu un episodio emblematico, si trasformò in feroce guerri-
glia nelle campagne che vide impiegata quasi la metà della forza dell’Esercito (Lucarelli per gli aspetti
militari nella sua opera faceva sempre riferimento al Cesari). Ricordiamo infine che tra i documenti
allegati, il Lucarelli riporta anche quelli relativi agli scontri tra il i cavalleggeri di Saluzzo e i briganti
(pp. 186-191).